Barclays sceglie i petrodollari del Qatar

Cina, Singapore, Giappone e Medio Oriente sono ormai parte stabile dell’azionariato della seconda banca inglese che oggi, racconta il comunicato, ha deciso di raccogliere nuovi capitali da Qatar Holding e altri soggetti che rappresentano gli interessi dello sceicco Mansour bin Zayed al Nahyan.

In dettaglio Qatar Holding deterrà azioni ordinarie Barclays rappresentanti il 12,7% del capitale dopo la diluizione. Lo sceicco Mansour bin Zayed al Nahyan potrebbe detenere  fino al 16,3% del capitale diluito. Barclays riceverà 2 miliardi di sterline da Qatar Holding (veicolo che fa riferimento al fondo sovrano dell’omonimo paese) e 300  milioni di sterline da Challenger, un altro veicolo di investimento legato alla famiglia reale del Qatar.

PARTECIPAZIONE PUBBLICHE DEL FONDO SOVRANO QATAR INVESTMENT AUTHORITY
(Qatar Holding LLC; Delta Two LTD; Qatari Diar)



RISULTATI POSITIVI MA PESANO LE SVALUTAZIONI

Il gruppo di recente ha comunicato che i risultati dei primi nove mesi sono leggermente superiori a quelli dello stesso periodo del 2007. Nel terzo trimestre, però Barclays  ha dovuto svalutare 129 milioni di sterline nei suoi investimenti sul mercato del credito.

IL RIFIUTO AL DENARO PUBBLICO

Di recente, la banca ha rifiutato di partecipare al salvataggio pubblico delle banche inglesi e così di aderire al pacchetto di aiuti da 400 miliardi di sterline preparato dal Governo britannico. Quando infatti è stato annunciato il piano di salvataggio dal Governo Brown, la banca aveva già stabilito di raccogliere (privatamente) 6,5 miliardi di sterline, di cui 3 miliardi provenienti dalla vendita di titoli privilegiati e il resto tramite la vendita di titoli ordinari.

La banca ha fino alla fine di marzo per raccogliere i capitali, e puntare così ad un Core Tier 1 dell’8%, in rilazo rispetto il 6,3% di luglio (quando la banca raccolse 4,5 miliardi di sterline)

Diverso l’atteggiamento delle banche concorrenti, con Rivals Royal Bank of Scotland, Lloyds TSB e HBOS che hanno tutte deciso di prendere a prestito 37 miliardi di sterline dei contribuenti britannici per ‘rafforzare’ il loro patrimonio.

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