Svizzera, Bns immobile. Per ora

Di P. Rosenstreich, Head of Market Strategy e A. Masset, analista di Swissquote

Come anticipato, la Banca Nazionale Svizzera non ha modificato la propria posizione di politica monetaria confermando pertanto che rimarrà proattiva sul mercato Forex per evitare nuovi ulteriori apprezzamenti del franco. Immutato anche il tasso d’interesse sui depositi a vista (-0,75%) e l’obiettivo del Libor a tre mesi (compreso tra -1,25% e -0,25%). Nessuna sorpresa nemmeno per quanto riguarda le previsioni su crescita e inflazione, riviste entrambe leggermente al ribasso: la crescita dei prezzi sopra l’1% è stata rinviata dal terzo trimestre 2018 al primo trimestre 2019, mentre nel breve termine (fine 2016) l’inflazione dovrebbe raggiungere a fatica la soglia di neutralità come conseguenza del quadro economico globale un po’ più sfavorevole.

La banca centrale ha invece riconosciuto la sorprendente crescita economica (+2% annuale) registrata nel secondo trimestre, per quanto le attese per la seconda parte dell’anno rimangano molto più modeste a causa del rallentamento europeo. Nel complesso, le dichiarazioni provenienti dal governatore Thomas Jordan sono risultate piuttosto ottimistiche, per quanto la banca centrale non abbia fatto mancare di osservare che tutti gli sforzi verranno indirizzati nella difesa della moneta.

Ma è spostando l’orizzonte un po’ più in là che il quadro cambia:la BNS rimarrà in modalità “wait and see monitorando quel che accade in Europa in quanto la BCE ha mantenuto il diritto ad utilizzare tutta la sua potenza di fuoco in caso di necessità. La BNS rimane in una posizione difficile: la Svizzera infatti è schiacciata dalle decisioni delle maggiori banche centrali e, consapevole dei suoi limiti, Berna è costretta a portare avanti una politica monetaria reattiva e non preventiva.

Le conseguenze della Brexit iniziano a manifestarsi ora sia sul fronte economico che politico ed è altamente probabile che saranno tali da indurre la BCE ad agire: la debacle elettorale della Merkel e i conseguenti contraccolpi basterebbero da soli ad anticipare la volatilità politica che dovrà affrontare l’Europa e pertanto il surriscaldamento nei valori del franco svizzero tra qualche mese non è un evento da escludere. L’intervento diretto sul mercato valutario e sui tassi di interesse rimarranno gli strumenti di politica monetaria prediletti in quanto il mandato della BNS si basa proprio sulla difesa della stabilità dei prezzi con un occhio particolare ai movimenti al rialzo della moneta.

Per quanto l’efficacia di tale intervento soffra ad essere sostenuta nel lungo periodo, si è invece rivelata molto adatta nel contrastare le speculazioni di breve. Nel lungo termine sembra invece che sia l’utilizzo di tassi di interesse negativi l’opzione preferita in quanto risulta il modo più semplice di mantenere il differenziale con i tassi dell’Eurozona  facendo perdere un po’ di appeal al franco. Per quanto anche il QE in salsa bernese rimanga un’opzione, le dimensioni limitate dei titoli di Stato che potrebbero venire coinvolti (pari a 67 miliardi di franchi) e gli effetti molto circoscritti che di conseguenza si registrerebbero sul franco, rendono questa possibilità improbabile.

Considerato l’attuale scenario, la BNS potrebbe rimanere comodamente ai margini ancora per un tempo indefinito, pronta a ributtarsi nella mischia con una risposta di politica monetaria solo qualora uno shock esogeno che minacciasse il livello di cambio con l’euro dovesse concretizzarsi richiedendone esplicitamente l’intervento.

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