Come sfruttare il Drawdown per stimare i rendimenti futuri

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
Ieri abbiamo visto con il post Come stimare la perdita attesa futura che il Drawdown di strumenti finanziari diversi può aiutare a creare portafogli ottimizzati con un indicatore di rischio più attinente alla percezione dell’investitore riguardo ai rischi che corre.
Secondo l’autore del paper Expected Drawdown Management, il Co-Drawdown è più stabile della correlazione come indicatore di diversificazione tra attività finanziarie, quindi i portafogli sono più robusti e più efficienti.
Ma a questo punto era doveroso per me riprendere un concetto che ha fatto la fortuna del software exAnte di Diaman Tech, ovvero l’utilizzo del drawdown per stimare i rendimenti attesi futuri.
E’ intuitivo che a marzo del 2009, dopo che i mercati finanziari avevano perso il 50%, le probabilità di perdita ulteriore erano nettamente inferiori alle probabilità di guadagno, ma questo comunque con i modelli di statistica tradizionale non si riesce ad evincere.
Per capirci, se stimo il cono di Ibbotson, in due periodi differenti, per esempio marzo 2007 e marzo 2009, avrò sempre lo stesso cono dei rendimenti attesi futuri, anzi se tenete conto della volatilità, probabilmente il cono di marzo 2009 dava più probabilità di perdita che marzo 2007, perché avendo una varianza maggiore il cono veniva più largo (ma sempre simmetrico lungo la media).
Con il paper scritto da Francesco Canella e Tiziano Vargiolu, The Right Time to Enter, invece si usano dei modelli più sofisticati ( i cosiddetti modelli Bayesiani) per stimare le probabilità condizionate dal recente passato.
Questo significa che se il mercato ha appena scontato un drawdown importante, le probabilità di rendimento futuro cambiano, diventano maggiori tanto maggiore è stato il drawdown.
Vi chiederete perché, visto che la finanza classica attribuisce alle serie storiche finanziarie un andamento random walk, quindi casuale, ma come ho spiegato in più occasioni in questo blog, come ad esempio nel post Perché i mercati non possono essere considerati casuali, i mercati azionari sono composti da aziende che lavorano per crescere e producono attività reali che hanno sempre un valore, quindi possono calare di prezzo perché le stime di crescita futura sono negative, ma mentre per un singolo titolo il fallimento è possibile, per un indice di titoli le probabilità che questo indice vada a zero sono praticamente nulle. Per capirci gli indici azionari di paesi come l’argentina quando è fallita non è andato a zero per il fallimento dello stato, anzi, negli anni successivi è cresciuto a ritmi superiori ai mercati sviluppati.
Ma quello che è più interessante, e potete trovarne una adeguata spiegazione sul white paper Validazione delle Probabilità Condizionate, il modello di stima delle probabilità condizionate future ha una robustezza sorprendente:

Come si legge questo grafico? I nostri modelli stimano delle probabilità di rendimento futuro dei quasi 5000 fondi ed ETF che abbiamo in DataBase, presi tutti i fondi ed ETF che hanno dato tre anni fa una probabilità di rendimento positivo tra il 90% e il 100% abbiamo visto quanti di questi strumenti dopo tre anni hanno effettivamente restituito un rendimento positivo; in tal caso sono stati lo 88,3% dei fondi. I fondi ed ETF che invece davano una probabilità compresa tra il 50% e il 60% dopo tre anni sono stati il 52,9%, quindi è stato stimato correttamente che quell’insieme di fondi avrebbero dato rendimenti incerti.
Quindi l’unione di un modello per stimare i drawdown attesi futuri unito ad un modello in grado di stimare i rendimenti attesi futuri, può migliorare notevolmente i modelli di statistica tradizionale come la frontiera efficiente di Markowitz ovvero Black e Litterman…

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