Gender 3000: le donne nei CdA e nei top management a livello globale

Il Credit Suisse Research Institute ha pubblicato oggi lo studio semestrale CS Gender 3000 confermando le conclusioni del precedente report e cioè che le aziende con una maggiore partecipazione delle donne nei ruoli decisionali continuano a generare elevati rendimenti di mercato e profitti superiori. Inoltre, il rapporto confuta la cosiddetta sindrome dell‘ape regina, contesta l‘esistenza del fenomeno del Class Cliff e aggiunge nuovi elementi sulla diversità di genere nel settore del Venture Capital e della microfinanza.
Il report, lanciato per la prima volta nel 2014, analizza il Credit Suisse Gender 3000 (CSG 3000), che comprende 27.000 manager in oltre 3.000 aziende che gli analisti del Credit Suisse coprono a livello globale. Con i dati forniti dal CSG 3000, lo studio considera se esiste ancora un legame tra la diversità di genere e le migliori performance delle società e si riferisce in particolare a imprese con una rappresentanza femminile di oltre il 50% nel top management, alle società che si occupano di microfinanza e alle imprese di Venture Capital.
In Italia la percentuale di donne presenti nei consigli di amministrazione è pari al 30,8% nel 2015 che la portano al quarto posto a livello globale, percentuale cresciuta di quasi sei volte rispetto al 2010.
Sfatare il mito dell’Ape Regina
– Le donne promuovono le donne? Il rapporto prende in esame il concetto molto discusso della sindrome dell‘Ape Regina, che sostiene che le donne che hanno raggiunto posizioni di rilievo cercano di escludere le altre donne nella corsa al raggiungimento di ruoli manageriali.
– I dati del CSG 3000 confutano questa idea; i risultati mostrano che gli amministratori delegati di sesso femminile hanno a livello globale significativamente più probabilità di circondarsi di altre donne in ruoli di alto livello. I CEO donne sono il 50% più inclini rispetto ai CEO di sesso maschile ad essere affiancati da un CFO di sesso femminile e il 55% in più ad avere donne che gestiscono business unit.
Questi risultati respingono con fermezza anche l’idea di una sindrome da Ape Regina nei settori della Microfinanza e del Venture Capital. In effetti, il 25-30% dei CEO nella microfinanza sono donne e circa il 50% delle persone che operano nel credito sono donne. Le istituzioni di microfinanza guidate da donne sono più focalizzate sulla clientela femminile (59% indirizzate apertamente verso le donne contro il 43% nel caso di amministratori delegati di sesso maschile), hanno una quota maggiore di membri del consiglio di sesso femminile (44% contro 23%), hanno maggiori probabilità di avere una donna in consiglio (43% vs 16%), e di avere più clienti donne (76% contro 60%). E‘ chiaro che le istituzioni nella microfinanza guidate da donne attraggano più donne nella gestione e più clienti di sesso femminile
– Mentre la presenza femminile in posizioni da partner nel venture capital rimane molto bassa, i venture capital fondati da donne hanno una percentuale molto più alta di partner di sesso femminile rispetto alla media del settore (43% contro 7-8%). Inoltre, le donne che fondano società di VC tendono a investire di più in donne imprenditrici con il 17,4% dei finanziamenti che va a start-up nelle mani di donne contro la media del settore del 12%. Le donne chiaramente sostengono e promuovono le donne non solo nel settore delle imprese, ma anche nella microfinanza e nel VC.
Sovraperformance del ”Club del 50%“
– Le nostre analisi continuano a rilevare che più alta è la percentuale di donne presenti nel top management, maggiore è il ritorno per gli azionisti. Anche altri parametri di analisi di performance finanziarie, hanno confermato questa sovraperformance dei titoli. Dal 2013 a metà 2016, la sovraperformance delle aziende con il 25% di donne che ricoprono posizioni di rilievo rappresenta un Compound Annual Groth (CAGR) del 2,8%, 4,7% per le aziende con il 33% di donne nel board e 10,3% per tutte le società dove la presenza femminile ai vertici è oltre il 50%. Dato interessante se comparato all‘1% di calo annuale del MSCI ACWI nello stesso periodo.
Le vendite delle 61 aziende che rappresentano il Club del 50% crescono dell’8% annuo vs un decremento di 20bps del MSCI ACWI su una base fully adjusted. La sovraperformance continua per la crescita EPS, sebbene non come prevista, con un 12% annuo vs 9% del MSCI AWI su una base fully adjusted sin dal 2008. Nello stesso periodo, la media del Return on Assets (ROAs) si è attestata al 5,7% per il Club del 50%, un 20% in più della media ROA del 4,7% per il MSCI ACWI, mentre la leva (net debt/equity) al 34% è più bassa del 28%.
– Il report rileva anche che il mercato è disposto a pagare un premio del 19% nel rapporto Price/Book Value (Prezzo / Patrimonio Netto) le società del Club 50% che hanno una donna CEO. Queste società presentano un Return on Equity (ROE) più alto del 19% rispetto alla media e un dividendo più alto del 9%.
Sfidare il Glass Cliff
– Il report considera anche la presenza o meno del fenomeno Glass Cliff per le donne CEO. Questa definizione deriva dalla convinzione che le donne vengano nominate in posizioni dirigenziali, solo come ultima alternativa, dopo avere passato in rassegna tutte le altre opzioni. L’evidenza dimostra che il prezzo dell’azione sottoperforma di circa il 10% annualizzato negli 8 mesi precedenti alla nomina di un CEO donna, mentre dopo la nomina i Gruppi guidati da donne sovraperformano nel periodo tra gli 8 e i 12 mesi con un 14,4% annualizzato. Tuttavia, dopo aver esaminato le reali perfomance finanziarie delle aziende, l’esistenza del Glass Cliff è parzialmente vera. Il report non riporta alcuna differenza significativa per quanto riguarda il ROE (return on equity) delle aziende con CEO uomini e con CEO donne, anzi, conclude che le aziende che hanno ritorni più alti sugli investimenti sono quelle con a capo donne. Nonostante ciò, dopo aver esaminato il ROA (return on assets) delle aziende, è risultato che le società con CEO uomini, nei dodici mesi precedenti avevano avuto un calo del 12%, contro il calo medio del 16% delle aziende che invece, in situazioni di crisi, avevano assunto CEO donne. Questo potrebbe spiegare il perchè di maggiori underperformance sul mercato da parte di aziende con donne CEO.
– Inoltre, i dati indicano che i CEO donne è più probabile che cedano gli asset dopo aver preso il comando della società. Facendo leva sulle analisi di Credit Suisse HOLT sul successo delle acquisizioni o dei disinvestimenti, si evince che le CEO donne hanno un successo operativo considerevolmente migliore rispetto ai loro concorrenti uomini, e hanno anche maggiori abilità riguardo ai prezzi quando si tratta di esaminare e condurre operazioni di M&A.
«La diversità di genere nei consigli di amministrazione delle aziende e nelle posizioni di senior management genera grandissimi vantaggi alle aziende e ai loro azionisti» dice Stefano Natella, Capo della Ricerca nei Mercati Globali. «I dirigenti gestiscono le compagnie, mentre i consigli di amministrazione le supervisionano. Per comprendere appieno l’impatto derivato dalla diversità di genere, dobbiamo focalizzarci sul management. Il nostro database CS Gender 3000 ci permette di individuare il nesso tra la performance delle aziende e la loro struttura dirigenziale. I dati dimostrano che c’è un forte collegamento tra la performance di una società e la diversità di genere presente nel suo management team».
Le donne nei Consigli di Amministrazione e nei Senior Management
La diversità nei consigli è cresciuta globalmente dal 12,7% alla fine del 2013 al 14,7% alla fine del 2015, totalizzando così un incremento del 16% in due anni e del 54% dall’inizio del 2010. I paesi che registrano la percentuale più alta di donne presenti nei Consigli di Amministrazione aziendali sono Norvegia (46,7%), Francia (34,0%), Svezia (33,6%) e Italia (30,8%).
Ciò nonostante, i risultati mostrano anche che non esiste una correlazione costante tra l’alto livello di diversità di genere nei consigli e la crescente presenza di donne in posizioni di senior management. Paradossalmente invece, tutti i tentativi di aumentare il livello di diversità nei consigli di amministrazione, possono limitare la disponibilità di talenti femminili in posizioni di senior management e ostacolare l’aumento della presenza delle donne nelle posizioni dirigenziali nel futuro.
L’età media di uomini nei consigli di amministrazione è di 60 in Europa e 64 negli Stati Uniti, il che significa che sono già in età pensionabile. Invece le donne hanno in media un età di 55 anni in Europa e 60 negli stati Uniti e ciò indica che negli anni in cui potrebbero essere più esecutive, vengono ‘dirottate‘ verso cariche nei consigli piuttosto che dirigenziali, dove altrimenti avrebbero più possibilità di portare avanti cambiamenti strutturali.
La media globale di donne in posizioni di senior management (CEO o coloro che riportano direttamente al CEO) ad oggi è del 13,8%, rispetto al 12,9% del 2014. Tuttavia, un esatto confronto dei dati mostra che la presenza femminile è cresciuta molto meno dal 13,6% al 13,8%. Solamente il 3,9% di CEO nel CSG 3000 sono donne, risultato praticamente identico a quello di due anni fa.
Le donne che globalmente ricoprono posizioni di CFO costituiscono il 14,1%, con la percentuale più alta in Asia (22%). I shared services rimangono i principali datori di lavoro per le donne in posizioni senior, contando il 33% di donne manager a livello globale, evidenziando il fatto che le carriere delle donne spesso raggiungono il loro apice in questo settore.
Il 9,9% di donne è a capo di business unit (una piattaforma di lancio tradizionale verso i ruoli senior e le posizioni nei consigli), contro l’8,5% del 2014, che rappresenta un aumento del 18%. Tuttavia, con una sola donna su 10 a capo di questi dipartimenti aziendali, di questo passo si dovrebbe raggiungere l’eguaglianza di genere nel 2070.

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