Ivan Kralj, analista del fondo Jupiter Global Absolute Return Sicav gestito da James Clunie
Negli ultimi anni, Netflix, la società di video–streaming statunitense, ha attirato l’attenzione di molte famiglie nel mondo. Con un’offerta illimitata e senza pubblicità ad un costo minimo e fisso di attivazione dell’abbonamento, la società è stata in grado di aumentare il numero degli abbonati ad un ritmo impressionante. Dopo aver visto svariate maratone di serie tv su Netflix, come l’eccellente political drama House of Cards, posso testimoniare la qualità dei contenuti originali di Nexflix. È facile notare le ragioni per cui tutto questo consente di accrescere l’ottima esperienza dei clienti, gestire un settore in crescita ed essere una potenziale opportunità di investimento.
Tuttavia, mentre Netflix sembra creare un esercito di clienti soddisfatti, non sembra che stia generando una ricchezza sostenibile per i suoi azionisti. La capitalizzazione di mercato piuttosto aggressiva di Netflix, pari a 41 miliardi di dollari, potrebbe però suggerire il contrario. Il titolo scambia a 408x P/E e 133x EV/EBITDA. Da valutazioni di questo tipo, che fanno strizzare gli occhi, ci si aspetterebbe una società che gestisce un business altamente profittevole e competitivo, senza concorrenti. Tuttavia, non è questo il caso; quindi, tendiamo ad adottare un approccio al ribasso e siamo rimasti short a partire da metà 2015.
La concorrenza si accende
Reed Hastings, il carismatico fondatore e CEO della società, ammette senza problemi che sono numerosi gli operatori che stanno tentando di approfittare del buon momento di Netflix. Amazon, Hulu, Sony, HBO, Apple, YouTube, Yahoo e molti altri stanno provando a entrare nello spazio del video streaming e della creazione di contenuti. Stanno tutti prendendo in prestito molti soldi e staccando assegni da miliardi di dollari per la creazione dei contenuti. In particolare, Amazon con il suo servizio Prime Video, sta aumentando la sua offerta di contenuti e, grazie a un prezzo ugualmente interessante per i clienti, sta incrementando anche il numero di abbonati ad un ritmo molto più rapido di Netflix. Un altro elemento di rischio sta nel fatto che Netflix affida in outsourcing la tecnologia di distribuzione ad Amazon Web Services. È ingenuo pensare che Amazon non stia usando questa relazione per imparare e trarne un vantaggio competitivo per la sua attività Prime Video.
Tuttavia, Netflix non è rimasta passiva. Per attrarre nuovi abbonamenti, la società ha recentemente annunciato la volontà di aumentare i contenuti originali o di sua proprietà, passando, sul portale, dall’attuale 10% al 50% . L’idea è di avere la proprietà intellettuale, piuttosto che pagare i diritti di utilizzo, di contenuti veramente differenziati. Questo sta cambiamento profondamente il profilo della società, considerati i rischi che si assumono producendo contenuti propri (si stima che l’80% dei film e serie non generino ricavi), poiché i gusti del pubblico sono difficili da prevedere. Finora, il tasso di successo non è stato omogeneo, con uno dei primi film prodotti,The Ridiculous 6, che si è visto dare un giudizio dello 0%, cosa che capita molto raramente, su Rotten Tomatoes, l’aggregatore di recensioni di film famosi.
Bruciare soldi
L’esigenza di aumentare gli investimenti sui contenuti in un momento in cui i costi sono in aumento, insieme ad una – anch’essa costosa – espansione internazionale che richiede contenuti su misura, ha inevitabilmente avuto ripercussioni sulle finanze della società. Netflix ha speso 4 miliardi di dollari in contenuti solamente nei primi sei mesi del 2016, e si è impegnata ad impiegarne altri 10 nei prossimi anni. La società è poco redditizia, con margini sottilissimi e continua a bruciare soldi ad un ritmo sempre più veloce.
Per compensare il consumo di cassa, Netflix si è impegnata a raccogliere fondi mediante emissioni azionarie ed obbligazionarie; inoltre, sta pianificando di reperire ulteriori risorse sul mercato high yield entro la fine dell’anno. Margini alti e forte crescita sembrano essere un miraggio per la società. Hastings dovrà presto decidere se continuare a concentrarsi su un segmento ampio del mercato e ottenere margini molto ridotti, o se diventare una piattaforma premium con prezzi più alti e margini superiori, ma puntando a una fetta più piccola di clienti e, quindi, una crescita inferiore.
L’ultimo trimestre è stato l’emblema di questa scelta. Netflix ha provato ad aumentare i prezzi per molti clienti di lunga data per riuscire a finanziare una maggiore creazione di contenuti, ma in risposta c’è stato un inaspettato numero di abbonamenti disdettati. Se le azioni di Netflix non fossero così esageratamente costose, la società non si troverebbe di fronte a un dilemma così serio. Il problema è che il mercato sta dando per scontato un futuro incoraggiante caratterizzato da una crescita sostenuta e da margini elevati.
Crediamo che i soldi facili incassati in questi sette anni e la distorsione che ne è derivata siano la causa scatenante che ha portato a riversare tutti questi capitali nella produzione di contenuti. Lo scrittore finanziario americano James Grant descrive i tassi di interesse estremamente bassi come un oppiaceo che offusca il giudizio di finanziatori poco prudenti e attenua l’ansia di mutuatari preoccupati. La società non sarebbe mai cresciuta così tanto se non fosse stato per il contesto monetario unico in cui stiamo vivendo, e necessita che i suoi costi di finanziamento rimangano bassi per poter rimanere a bordo del sistema emissione di debito-creazione di contenuto.
In attesa di un cambio di narrativa
Lo storytelling è solitamente la ragione principale che genera una valutazione eccessiva, per cui è ragionevole credere che qualsiasi notizia che mandi in frantumi la storia raccontata agli investitori riporterà la valutazione della società ad un livello realistico. È sempre difficile identificare in anticipo questo tipo di evento catalizzatore: nel caso delle azioni costose, a crescita sostenuta e ‘di moda’, il catalizzatore è un rallentamento nella crescita (degli abbonati, nel caso di Netflix). Nelle due ultime relazioni sui profitti, Netflix ha dapprima rivisto al ribasso le stime sul numero degli abbonamenti a livello internazionale, per poi deludere anche rispetto al numero di nuovi abbonati negli Stati Uniti, ammettendo che: “Stiamo crescendo, ma non tanto velocemente quanto avremmo voluto”. In seguito a questi annunci, il titolo in Borsa è sceso ed ha poi recuperato, dimostrando di essere estremamente resiliente alle cattive notizie.
Quale sarà il potenziale evento catalizzatore di una correzione dei prezzi delle azioni? Vengono in mente il sociologo Mark Granovetter e i suoi modelli-soglia di comportamento collettivo. La teoria dice che le persone con il livello-soglia pari a zero non hanno paura di sembrare stupidi e non cercano l’approvazione degli altri e così saranno i primi a scagliare la pietra e iniziare una rivolta, oppure offrire idee innovative. Gli individui con il livello-soglia pari a uno si aggiungeranno alla folla, se c’è una persona che sta già lanciando pietre e poi persone con livello-soglia pari a due si aggiungeranno, e così via, finche la rivolta inizierà definitivamente. Viceversa, parla di effetto domino e di pressione esterna da parte dei simili come i principali fattori di questo comportamento sociale.
Quando si prova a capire perché più investitori non hanno deciso di mettere in discussione le loro supposizioni su Netflix, si potrebbe prendere in prestito il concetto di Granovetter e considerare i venditori short come attori a “soglia zero”, con investitori a soglia superiore che si uniscono gradualmente. Tutti hanno soglie diverse. Nel caso di Netflix, sembra che molti investitori non siano preparati a mettere in discussione questi presupposti. Quando sarà il turno di questi attori con soglia elevata, la valutazione alle stelle di Netflix potrebbe rivelarsi niente di più che una House of Cards, un castello di carte.