La “Trumpenomic” per il rilancio dell’economia americana

Gli investitori hanno acquistato a piene mani il cosidetto reflation trade innescato dalle aspettative di politiche fiscali  espansive della Trumpenomic“, sostiene Maurizio Novelli, gestore di Lemanik, che spiega: “E’ da circa sette anni che gli investitori acquistano reflation trades, prima con le politiche monetarie e ora con quelle fiscali. Mentre le politiche monetarie sono state più utili ad alcuni mercati finanziari che al ciclo dell’economia, le politiche fiscali potrebbero certamente modificare il quadro generale che rimane caratterizzato, al momento, da bassa crescita e bassa inflazione”.

Sarà dunque estremamente importante valutare le strategie della “Trumpenomic” e dei moltiplicatori fiscali che potrà generare per rilanciare il ciclo dell’economia americana, infatti, nonostante i positivi dati sulla crescita del secondo semestre del 2016, l’economia USA chiuderà l’anno appena trascorso con una crescita compresa tra 1,6% e 1,8%, non di molto superiore alla crescita dell’Europa.

“Ma il paradosso – avverte Novelli – è che, mentre l’economia USA tenta di recuperare velocità, i mercati stanno involontariamente provocando un possibile ritorno del “deflation trade” attraverso il dollaro forte, i tassi in rialzo e una nuova pressione di svalutazione della divisa cinese e, in generale, delle divise EM. Così, mentre gli operatori acquistano in Borsa tutto ciò che è compatibile con il “reflation trade”, Materials, Commodities e Ciclici, e vendono Bonds, nel mondo reale la Cina svaluta, i tassi salgono e il dollaro si rafforza. Ci si chiede se le aspettative della “Trumpenomic” non siano state troppo esagerate e prezzate con troppo anticipo”.

“Il più grande compratore di commodities del mondo, la Cina, è tuttora in pieno deleverage e la svalutazione dello Yuan non aiuta, dato che i cinesi continuano a ridurre le proprie riserve valutarie, riducendo di fatto lo stock di liquidità del sistema finanziario internazionale – fa poi notare il gestore – Inoltre la crescita dell’economia cinese è orientata a rallentare progressivamente e se tutti credono che tenderà a ribilanciarsi verso più servizi/consumi e meno investimenti fissi e real estate, il consumo di commodities dovrebbe progressivamente ridursi nel tempo”.

Il dollaro forte non è certo favorevole alla ripresa del ciclo perché la maggior parte del debito che circola nel mondo è in dollari. Inoltre il dollaro forte non è compatibile con un rialzo delle commodities, data la storica correlazione inversa che esiste tra le due asset class e per l’effetto restrittivo che esercita sul ciclo del credito internazionale. I tassi hanno iniziato a salire un po’ ovunque e, dato l’elevato stock di debito pubblico e privato esistente, “non possiamo certo credere che sia un meccanismo reflazionistico”.

“Penso dunque che, sebbene le politiche fiscali siano l’unica vera strategia per produrre crescita futura, è di estrema importanza valutare gli effetti negativi che i mercati rischiano di produrre sull’economia reale prima che arrivino quelli positivi prodotti dagli stimoli fiscali – afferma Novelli – a mio avviso si stanno anticipando un po troppo le cose e non è detto che tutto sarà così facile come i mercati credono. In primo luogo sarebbe opportuno evitare di acquistare ciecamente il “reflation trade” della “Trumpenomic” se non si ha ancora un’idea di quali contenuti avrà, secondariamente, per quanto mi sembra di capire dai recenti movimenti sulle variabili finanziarie, stiamo acquistando un “reflation trade” che però rischia di porre le premesse per un “deflation trade” nell’economia reale, accentuando la divaricazione che già esiste per alcune asset class tra finanza ed economia reale”.

Il gestore di Lemanik si attende quindi un anno particolarmente interessante e complicato, dove l’euforia di questi mesi rischia di non essere sostenibile e dove le certezze non saranno così certe, in un contesto dove tutti sembrano aver però già capito con estrema sicurezza quali scenari ci attendono e si sono già posizionati in attesa della loro realizzazione.

Il primo semestre non sarà così facile come sembra, sia per l’economia che per i mercati. La prima parte dell’anno continuerà ad evidenziare stagnazione dell’economia mondiale e l’economia statunitense tornerà a rallentare dopo il recente recupero del secondo semestre del 2016 perché per il momento siamo ancora in un normale “ciclo delle scorte”, dove rallentamenti e riprese sono semplicemente dettati da questo fenomeno. “Nulla è cambiato nei dati macro e nella loro recente composizione e nulla è cambiato, per il momento, nella politica fiscale. Tutte le aspettative di cambiamento del quadro attuale saranno più concrete solo quando avremo un contorno più definito della “Trumpenomic” e della facilità con la quale il rissoso quadro politico americano la sosterrà”.

“Nel frattempo preferiamo mantenere una posizione d’investimento più coerente con un contesto globale alquanto complesso e certamente non facile per i prossimi mesi”. La view di Novelli a 3/6 mesi si può riassumere come segue:

  • La dannosa forza del Dollaro tenderà a proseguire ancora ma non sarà facilmente sostenibile perché il ciclo dell’economia USA nel breve termine rallenterà. Sarà dunque fondamentale gestire in modo attivo le posizioni long attualmente in essere. La strategia rimane long USD o flat vs Euro.
  • La recente caduta dei Bonds è destinata a fermarsi e mi aspetto rimbalzi tecnici senza che questo possa comunque modificare un quadro fondamentale negativo per questa asset class per tutto il 2017. Attualmente abbiamo ridotto le nostre posizioni short su US Treasuries ma la strategia rimane short o flat per i mercati obbligazionari.
  • Le Borse che hanno eccessivamente prezzato il “reflation trade” sono esposte a pronunciata vulnerabilità (US, UK, Toronto) e rimaniamo dunque short su tali mercati.

Il 2017 si potrebbe caratterizzare per una maggiore volatilità dovuta al continuo risk on/risk off che verrà procurato da un contesto politico USA abbastanza complicato per l’implementazione della “Trumpenomic” e dal rischio di una maggiore volatilità nel ciclo dell’economia, innescata dalla successione di effetti restrittivi e reflattivi prodotti dalle variabili finanziarie a causa del continuo modificarsi delle aspettative degli investitori. In un mercato finanziario “narcotizzato” da anni di tassi a zero non è lecito attendersi un uscita indolore dal torpore, qualunque sia lo scenario atteso dai mercati.

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