Pictet AM: “Siamo fiduciosi nelle prospettive di crescita dell’Europa”

A cura di Pictet AM Strategy Unit

Dopo un anno ricco di avvenimenti prevale un grande ottimismo circa l’economia mondiale, la crescita si è dimostrata resiliente nonostante gli sconvolgimenti politici negli USA e in Europa. La solidità congiunturale negli USA, le attese di un pacchetto di stimoli fiscali da parte dell’amministrazione Trump e la politica monetaria ancora espansiva nell’Eurozona e in Giappone dovrebbero sostenere le azioni nel corso dell’anno.

Tuttavia, nel breve periodo le prospettive per gli asset rischiosi sono meno chiare. L’euforia dei mercati per le proposte pro-crescita di Trump potrebbe scemare di fronte al difficile contesto politico, mentre il rallentamento dell’economia e il crescente indebitamento in Cina potrebbero alimentare l’instabilità sui mercati in un momento in cui Pechino sta inasprendo la propria politica monetaria nel tentativo di frenare la formazione di bolle dei prezzi delle attività. I mercati, in particolare quelli emergenti, potrebbero anche risentire dei nuovi rialzi dei tassi da parte della Fed e della costante riduzione degli stimoli da parte delle banche centrali a livello globale.

Segnaliamo in particolare l’orientamento intransigente della Fed e le previsioni di maggiori rialzi dei tassi da parte dei membri del FOMC. In tale contesto, manteniamo un posizionamento neutrale su azioni, obbligazioni e liquidità e optiamo per un atteggiamento attendista, pur restando pronti a incrementare l’esposizione azionaria nel corso del 2017. Il miglioramento congiunturale nei Paesi avanzati ha dato slancio ai nostri indicatori anticipatori del ciclo economico, saliti ai livelli più alti da luglio 2014.

I progressi più significativi si registrano negli USA, dove consumi, mercato residenziale e attività manifatturiera erano in espansione già prima che Trump conquistasse la Casa Bianca promettendo di stimolare la crescita tramite tagli alle tasse, spesa pubblica e deregolamentazione. In base alle nostre analisi, la politica fiscale di Trump dovrebbe compensare l’impatto negativo di rendimenti obbligazionari più elevati, vigore del dollaro e maggiori prezzi del petrolio sulla crescita nel corso dell’anno. Sempre nel 2017 ci aspettiamo due nuovi rialzi dei tassi da parte della Fed e un’accelerazione del ciclo di inasprimento nel 2018; siamo convinti che le politiche di Trump contribuiranno alla crescita per lo 0,4% netto e faranno salire le pressioni sui prezzi.

Siamo via via più fiduciosi nelle prospettive di crescita dell’Eurozona alla luce di una politica monetaria accomodante e della debolezza dell’euro, che darà probabilmente slancio alle esportazioni. I consumi restano il principale driver della crescita, sostenuti dai progressi sul mercato del lavoro; il settore manifatturiero sta andando bene come dimostra il PMI , salito ai massimi da aprile 2011.

Anche l’indicatore anticipatore del Giappone è in ascesa poiché la debolezza dello yen favorisce il settore manifatturiero locale, dipendente dalle esportazioni. Inoltre, la maggiore solidità del mercato del lavoro dovrebbe alimentare la spesa al consumo.

Per contro, manteniamo un giudizio più cauto sulla Cina, dove le autorità stanno inasprendo la politica monetaria nel tentativo di limitare la diffusione di prodotti opachi per la gestione patrimoniale. Inoltre, i crescenti deflussi di capitali esercitano pressioni ribassiste sullo yuan con il conseguente aumento del costo del servizio del debito denominato in dollari detenuto da società e banche cinesi. Sul fronte positivo, la Cina e altri Paesi in via di sviluppo dovrebbero beneficiare dei maggiori prezzi delle commodity e dell’aumento degli scambi commerciali data la crescente domanda delle economie avanzate.

La nostra analisi delle condizioni di liquidità indica che all’inizio del 2017 le asset class più rischiose potrebbero risentire di un’ondata di vendite. Si prevede una riduzione degli stimoli delle autorità monetarie – programmi di acquisto di bond delle cinque principali banche centrali – da USD 1.700 miliardi nel 2016 a USD 800 miliardi nel corso del 20171. Data la forte correlazione positiva tra misure di sostegno e rapporto prezzo/utili delle azioni, la diminuzione della liquidità potrebbe causare una riduzione delle valutazioni in ambito azionario. Inoltre, la decelerazione dei prestiti da parte delle banche commerciali nelle principali economie pesa sulle condizioni creditizie. I nostri parametri di valutazione indicano che in seguito al recente rally i corsi azionari sono piuttosto onerosi seppur con alcune differenze a livello regionale.

In base al P/E le azioni statunitensi sono prossime ai massimi rispetto alle omologhe europee e giapponesi. Anche il premio per il rischio azionario rispetto ai bond si è ridotto in tutte le regioni e in particolare negli USA. Tra le note positive, la nostra analisi suggerisce che, se la crescita dell’economia mondiale sarà in linea con le nostre attese per il 2017, gli utili delle società statunitensi ed europee potrebbero aumentare a un ritmo superiore rispetto al 12% stimato dagli analisti, facendo segnare addirittura un +15%. I nostri indicatori tecnici sono moderatamente positivi per le azioni e neutrali per le obbligazioni. Detto questo, storicamente gennaio è un mese negativo per i bond. I dati in nostro possesso ci consentono di avere le idee sempre più chiare sul futuro andamento del dollaro e mostrano che il recente apprezzamento della valuta dovrebbe proseguire, almeno nel breve periodo.

Buone prospettive per l’Europa

E’ ora che l’azionario europeo esca dall’ombra. Le prospettive economiche sono più incoraggianti rispetto agli ultimi due anni.2 Il tasso di cambio dell’euro è competitivo e nel prossimo futuro la politica monetaria dovrebbe mantenersi accomodante, anche tenendo conto della modesta riduzione delle iniezioni di liquidità della BCE nella seconda metà dell’anno. Il rischio di ulteriori sconvolgimenti politici è basso, quantomeno nel breve periodo.

Si prevede una crescita a due cifre degli utili societari dopo la performance quasi piatta del 2016. Le valutazioni sono ancora allettanti. Negli ultimi 20 anni, infatti, sono stati pochissimi (2%) i casi in cui lo sconto offerto dai titoli europei rispetto alle controparti statunitensi è stato superiore all’attuale. Tenuto conto di tale dato, riteniamo che sia opportuno passare dalla neutralità al sovrappeso sull’azionario europeo. Le valutazioni piuttosto convenienti e la forte crescita potenziale rendono quello europeo uno dei mercati azionari più interessanti a livello globale (si veda grafico). Per le medesime ragioni guardiamo con favore alle borse di Regno Unito e Giappone. Nonostante gli indicatori tecnici suggeriscano una situazione di ipercomprato, il mercato giapponese potrebbe beneficiare del netto sostegno di un’economia interna in via di miglioramento, della debolezza della valuta e della reflazione globale.

Per contro, abbiamo assunto un atteggiamento più cauto sul Pacifico ex-Giappone alla luce di possibili turbolenze in ambito economico in Cina – che potrebbe risentire dell’inasprimento della linea monetaria e delle misure protezionistiche negli USA – e della debolezza degli indicatori anticipatori in Australia. Quanto alle azioni USA, nel corso dell’anno lo slancio derivante dalle promesse di Trump circa investimenti infrastrutturali e tagli delle imposte sulle aziende potrebbe essere largamente compensato dalla politica meno accomodante della Fed, dal vigore del dollaro (ai massimi in base ai nostri modelli) e da valutazioni onerose. Il premio per il rischio dell’azionario statunitense – il parametro di misurazione dell’extra rendimento ragionevolmente atteso investendo in azioni rispetto alle obbligazioni governative – è sceso dal 5,5% prima delle elezioni presidenziali al minimo decennale del 4,3%.

A nostro avviso le politiche di Trump avranno effetti positivi sull’economia mondiale ed è quindi possibile che i titoli ciclici sovraperformino quelli difensivi. Detenevamo già posizioni sovrappesate su beni voluttuari, finanza e informatica e ora anche sull’energia. Quest’ultimo settore dovrebbe godere del sostegno offerto dal continuo taglio dei costi e da previsioni più incoraggianti sul prezzo del greggio in seguito alla decisione dei produttori di petrolio di ridurre l’offerta. Per quanto riguarda i titoli industriali, crediamo che le aspettative di utili siano salite a livelli eccessivi sulla scia dell’entusiasmo seguito all’elezione di Trump. L’attenzione del nuovo presidente per gli investimenti infrastrutturali avrà certamente effetti positivi sulle società del settore nel lungo periodo, tuttavia temiamo che le stime di utile a breve termine siano già troppo ottimistiche. Inoltre, il recente rally ha reso i titoli industriali i più onerosi secondo i nostri calcoli e di conseguenza abbiamo deciso di chiudere la posizione di sovrappeso in tale area. Il principale rischio per il 2017 è rappresentato dall’impatto di Trump sul commercio globale. Nonostante il tycoon abbia annunciato l’imposizione di dazi alle importazioni, riteniamo che i programmi originali saranno ridimensionati e tali misure si rivolgeranno solo a particolari settori e partner commerciali; le ripercussioni dovrebbero quindi essere limitate.

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