L’Asia attende l’insediamento di Barack Obama

L’Asia attende l’inizio del mandato del neo-presidente Barack Obama, coltivando la speranza che riesca nei mesi successivi all’insediamento a rilanciare l’ economia americana, dalla quale dipende in larga parte il “miracolo” asiatico che attualmente è ancora largamente basato sulle esportazioni.

I cinesi, pur sapendo che l’amministrazione democratica è stata storicamente più protezionista di quella repubblicana di George W.Bush, sono pienamente consapevoli di poter subire pressioni per l’aumento del tasso di cambio della moneta cinese, ma continuano per il momento a sostenere il debito pubblico americano fiduciosi che le dichiarazioni di Obama, espresse nelle fasi conclusive della campagna elettorale circa il fatto che tra il deficit degli Usa e le manipolazioni della valuta cinese esista un legame diretto, avessero solo un valore propagandistico.

Altre tensioni, oltre a quelle viste in campagna elettorale, andranno messe in conto dopo che l’Iran e la Cina hanno firmato un contratto del valore di 1,76 miliardi di dollari per sviluppare il giacimento petrolifero di Azadegan del Nord, nel sud-ovest della Repubblica islamica. Accordo che è stato stipulato fra la China National Petroleum Corporation (Cnpc) e la National Iranian Oil Company (Nioc) e che prevede una produzione di 75.000 barili di greggio al giorno.

Tao Wenzhao, un ricercatore esperto di USA dell’Accademia delle Scienze di Pechino ha dichiarato al Quotidiano del Popolo : “Obama è contrario ad esportare in Cina le opportunità di lavoro che sorgono negli USA ed è critico verso la politica monetaria della Cina. E’ quindi probabile che le frizioni su economia e commercio si acuiscano”.

Wang Jisi, direttore del dipartimento di relazioni internazionali dell’ Università di Pechino, ritiene che l’ amministrazione Obama chiederà alla Cina di assumersi maggiori responsabilità su una serie di importanti problemi internazionali, come l’economia, la protezione dell’ambiente ei cambiamenti del clima.

La Cina però ha dimostrato di non essere più sensibile a richieste di salvataggio di soggetti finanziari in difficoltà dopo che il fondo sovrano cinese Cic (China Investment Corp), scottato dalle pesanti perdite accusate nel corso degli ultimi mesi per gli investimenti nel comparto bancario americano ha deciso di chiudere il rubinetto dei finanziamenti. Il fondo ha accusato pesanti perdite a causa del collasso della cassa di risparmio Washington Mutual ed è in forte perdita anche per quanto riguarda gli investimenti effettuati in Blackstone e Morgan Stanley.

Il premier cinese Wen Jiabao che probabilmente non condivide l’ottimismo del resto del mondo circa le salvifiche capacità di Obama ha promesso nuove misure di stimolo per sviluppare la domanda interna dopo il pacchetto da 4.000 miliardi di yuan ($585 miliardi) annunciato a novembre. Nel contempo la banca centrale potrebbe ridurre ancora il costo del denaro, sulla scia dei cinque tagli dei tassi d’interesse effettuati da settembre.

 

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