I rischi politici domineranno i mercati del credito

A cura di Alasdair Ross, responsabile investment grade EMEA Columbia Threadneedle

Le politiche populiste rappresenteranno un tema importante per i mercati delle obbligazioni societarie. In una fase in cui gli elettorati hanno rifiutato lo status quo, si terranno  elezioni nei Paesi  Bassi, in Francia e in Germania. Esistono inoltre incertezze relative alle modalità e all’impatto delle trattative sulla Brexit e, potenzialmente, all’eventualità che il presidente Trump dia seguito alle sue affermazioni aumentando il protezionismo a spese del libero scambio.

È verosimile che l’esito finale in ciascuno di questi casi sarà positivo. Probabilmente Marine Le Pen non vincerà le elezioni presidenziali in Francia e verosimilmente Angela Merkel si riconfermerà alla guida della Germania. È invece improbabile che Trump dia inizio a una guerra commerciale. Inoltre, il mercato  nutre preoccupazioni di vario grado per questi temi e dovrebbe pertanto  reagire bene  se ciascuno di essi sarà superato evitando una crisi. È pur vero, tuttavia, che il mondo della politica è imprevedibile, alcuni eventi possono cambiare rapidamente l’opinione popolare e, ai livelli correnti di spread, il mercato  è vulnerabile alla molteplicità di ostacoli che si prospetta.

Il rifiuto dello status quo

Se venissero eletti partiti con un esplicito orientamento anti UE o anti euro, potrebbero verificarsi altri referendum sul modello di quello per la Brexit. Le istituzioni europee, relativamente giovani e inesperte in questo campo,  sarebbero in grado di gestire una sfida simile? Il Regno Unito ha una propria banca centrale  e una sua moneta  nazionale che possono sostenere parte delle ripercussioni. L’Eurozona, invece, è un organismo non del tutto formato che, ad esempio, non dispone di un bilancio centralizzato né di un sistema armonizzato per l’emissione di debito e i trasferimenti fiscali. Di conseguenza, le difficoltà politiche possono generare tensioni economiche e finanziarie com’è accaduto quando  Syriza ha vinto le elezioni in Grecia nel 2015  e ha respinto il programma  dell’FMI. Malgrado la Grecia rappresenti solo una quota modesta del PIL europeo, questo evento ha gettato  il paese nel caos provocando ripercussioni su tutti i mercati del credito europei. Se la prossima volta si troverà coinvolto un paese più grande,  il livello di rischio sarà proporzionalmente maggiore.

Il nuovo anno si è aperto quindi con una serie di rischi politici. Inoltre, l’orientamento prevalente in materia di politica economica sembra migrare dall’austerità fiscale unita a condizioni monetarie accomodanti verso gli stimoli fiscali e la riduzione delle imposte, che potrebbero avere il potenziale per creare un ambiente maggiormente inflazionistico. Le banche centrali potrebbero avvertire l’esigenza di porre fine alle politiche straordinariamente accomodanti che hanno favorito numerosi  asset rischiosi, tra cui le obbligazioni societarie.

A livello microeconomico, il comportamento delle società privilegia in misura crescente gli azionisti, una scelta che tende  ad appesantire i bilanci e a penalizzare il credito. I payout ratio (rapporto dividendi/utili) e i riacquisti di azioni stanno aumentando. Parallelamente, le società rafforzano i bilanci per sostenere le attività di fusione e acquisizione. Di recente sono state annunciate alcune operazioni di ampia portata, tra cui: AT&T intende acquistare Time Warner, BAT ha presentato un’offerta per le azioni di Reynolds che ancora  non possiede e lo stesso ha fatto la Fox per la quota mancante di Sky. Durante lo scorso anno,  abbiamo assistito a un susseguirsi di annunci relativi a fusioni e acquisizioni, molti dei quali hanno comportato o comporteranno un aumento dell’indebitamento in bilancio, ad esempio nelle operazioni Bayer-Monsanto, AB InBev- SAB Miller o Shell-BG Group. Questa attività viene intrapresa tenendo conto dei bilanci e dei rating creditizi, ciononostante la leva finanziaria è in aumento. Questa tendenza è a nostro avviso destinata a proseguire.

Come sempre, si prospetta anche  la possibilità di eventi positivi. Se le imposte sulle società negli Stati Uniti vengono ridotte dal 35% al 15%, come hanno  suggerito Trump e la sua squadra, il ricorso al debito perderà  parte della sua attrattiva dal punto di vista fiscale. Di conseguenza, le società potrebbero ridurre l’indebitamento presente nelle loro strutture di capitale. Trump ha inoltre prospettato un condono  fiscale per incoraggiare le società statunitensi a rimpatriare la liquidità detenuta all’estero e questo si tradurrebbe in una minore offerta di nuove obbligazioni societarie, con ricadute positive sul credito corporate.

Implicazioni per  i rendimenti

Questa mole di possibili cambiamenti politici di rilievo ci spinge a ritenere che la bilancia dei rischi penda  verso il negativo. Dopo il restringimento registrato dagli spread sul credito societario nel 2016, il reddito supplementare offerto da queste emissioni rispetto ai titoli di Stato ha raggiunto le medie di lungo periodo. Di conseguenza, gli investitori sono in parte remunerati per i rischi assunti, ma ciascuno di essi potrebbe finire per destabilizzare il mercato.

Considerando tutti i fattori citati, pensiamo che quest’anno sia opportuno  mantenere un orientamento prudente in termini di rischio di spread. Il nostro rischio di credito complessivo è diminuito nel corso del 2016 poiché i livelli degli spread si sono contratti. Manteniamo la nostra capacità di selezionare emittenti, società e settori diversi in base alle nostre predilezioni, tuttavia, se lo scenario macroeconomico diventa più favorevole con la reflazione e lo stimolo fiscale, altre aree del mercato  potrebbero offrire opportunità migliori in una prospettiva ponderata per il rischio. Ne sono un esempio il leveraged credit o le azioni.

Come saranno le performance di mercato?

I rendimenti totali del segmento investment grade sono composti dai rendimenti dei titoli di Stato a cui si aggiunge l’extra rendimento generato dallo spread creditizio. Stando  ai dati di fine dicembre (data di redazione del presente documento), il credito societario investment grade globale ha reso il 4,7% nel 2016. Il dato è composto da un 1,1% proveniente dal rendimento sui titoli di Stato,  mentre  il resto è ascrivibile principalmente a plusvalenze (+2,0%) associate con l’investimento in obbligazioni investment grade, dato che gli spread si sono contratti, e al reddito apportato dallo spread creditizio (+1,6%).

Ad inizio 2017, gli spread sono più bassi di quanto  non fossero all’inizio del 2016. Ci sembra difficile che possano contrarsi ancora  molto. Inoltre, le politiche fortemente accomodanti hanno  spinto i rendimenti dei titoli di Stato su livelli decisamente più elevati rispetto alle medie di lungo termine, anche  dopo la correzione avvenuta a seguito dell’elezione di Trump. Un’eventuale normalizzazione dei rendimenti sui titoli di Stato avrebbe altresì un impatto negativo sul rendimento totale del credito investment grade.

Nel complesso, riteniamo che i rendimenti del credito investment grade saranno positivi, ma inferiori a quelli del 2016. Considerando gli eventi politici imminenti e il fatto che i rendimenti sui titoli di Stato hanno  margine per aumentare sensibilmente, si prospettano alcune difficoltà per questa asset class nel corso dell’anno.

 

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