Inflazione: USA e GB prendono il largo, Eurozona resta indietro

A cura del Global Investment Team, T. Rowe Price

 Crediamo che quest’anno i trend dell’inflazione dei diversi Paesi sviluppati siano destinati a divergere fra di loro. Alcuni Stati vanno incontro a una reale pressione sui prezzi, mentre per altri l’attuale aumento dell’inflazione potrebbe essere solo temporaneo, frutto degli effetti base dovuti alla ripresa dei prezzi del petrolio. A nostro avviso, Gran Bretagna e Stati Uniti rientrano nella prima categoria, mentre l’Eurozona nella seconda.

Per quanto riguarda la Gran Bretagna, ci aspettiamo che il trend di accelerazione dell’inflazione continui, dato che il forte deprezzamento della sterlina fa aumentare i costi dell’import. Probabilmente la Bank of England quest’anno supererà il target di inflazione al 2%, il che potrebbe avere delle ripercussioni per la sua posizione di politica monetaria, in una fase dove l’economia affronta una profonda incertezza a causa dei negoziati sulla Brexit. “Mi preoccupa il fatto che la BoE ora non abbia più scuse per allentare ulteriormente la politica monetaria, con l’inflazione in aumento e il mercato del lavoro rigido. Di conseguenza, i Gilt risultano vulnerabili all’imminente scadenza dell’attuale round di quantitative easing”, osserva Quentin Fitzsimmons, co-portfolio Manager, Global Aggregate Bond Strategy, T. Rowe Price, aggiungendo: “Le altre ragioni per essere negativi sull’outlook dei Gilt sono le valutazioni scarse e la possibilità di maggiori livelli di indebitamento strutturale in caso di indebolimento dell’economia”.

Riteniamo che anche gli Stati Uniti potenzialmente vadano incontro a un incremento della pressione sui prezzi nel 2017. L’economia americana è vicina alla piena occupazione e, con l’Amministrazione Trump proiettata verso l’aumento degli stimoli fiscali, c’è spazio per una pressione rialzista sui salari.

Per contro, le dinamiche sottostanti l’economia dell’area euro sono diverse rispetto a quelle di USA e GB. Con un tasso di disoccupazione vicino al 10%, la stasi dell’economia dell’Eurozona è maggiore. La pressione sui prezzi reali dovrebbe quindi rimanere bassa e l’aumento dell’inflazione visto negli ultimi mesi grazie alla ripresa dei prezzi petroliferi dovrebbe essere temporaneo. “La Banca Centrale Europea probabilmente guarderà oltre l’attuale aumento dell’inflazione, in quanto l’impatto dell’energia scemerà nella seconda metà dell’anno”, osserva Kenneth Orchard, Portfolio Manager, European Fixed Income, T. Rowe Price, precisando: “L’inflazione core è rimasta bloccata sotto l’1% per quasi quattro anni e le possibilità di un sostenuto movimento rialzista nei prossimi dodici mesi sono basse”.

In questo contesto, abbiamo deciso di aumentare il nostro sottopeso sui titoli governativi britannici nei nostri portafogli obbligazionari globali, visto l’outlook debole dei Gilt, e abbiamo aumentato anche gli acquisti di titoli di Stato USA indicizzati all’inflazione. Per quanto riguarda l’Eurozona, le nostre analisi sull’outlook della regione confermano l’idea che i Bund tedeschi continuino ad offrire valore. Vista la maggiore incertezza politica negli Stati Uniti e l’inasprimento della Fed, potenzialmente c’è spazio perché i Bund diventino un porto sicuro in alternativa ai Treasury USA.

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