Materie prime, stiamo assistendo a una nuova fase rialzista?

Di David Donora, responsabile materie prime di Columbia Threadneedle Investments

Nel 2016, il ciclo ribassista delle materie prime è giunto a conclusione. La fine è sopraggiunta nel mese di gennaio quando il greggio è sceso sotto quota 30 dollari al barile e un certo numero di società produttrici di commodity nel settore dell’energia e dei metalli si sono trovate a dover lottare per sopravvivere, vendendo i propri beni e ristrutturando drasticamente il bilancio. Con i prezzi delle materie prime ormai inferiori al costo di produzione, queste società continuavano incessantemente a perdere denaro. Se il petrolio fosse rimasto sotto la soglia di 40 dollari, un numero di aziende pari al 20% della capacità globale sarebbe stato messo fuori gioco.

Anche le grandi compagnie minerarie Glencore e Anglo American hanno dovuto liquidare una parte consistente delle proprie attività complessive per ridurre il debito e rafforzare il bilancio. Il mercato ha preso atto che i prezzi erano insostenibilmente bassi e c’è stato un lieve rimbalzo. Nel corso del mese di gennaio, i mercati sono saliti ancora. Questo perché, malgrado siano scesi nel 2015 e all’inizio del 2016, la domanda di materie prime ha continuato ad aumentare, non in maniera vertiginosa ma comunque di buon passo.

Pertanto, la necessità di aumentare la produzione nel medio periodo non è venuta meno. Il Bloomberg Commodities Index ha guadagnato l’11,8% nel 2016, ma questo di per sé non preannuncia una fase rialzista del mercato, che a mio avviso può dirsi tale quando i prezzi delle materie prime raddoppiano o triplicano. Durante la fase rialzista del 2000-2008, l’indice è triplicato di valore. Allora abbiamo assistito a un ciclo rialzista completo, mentre la crescita registrata nel 2016 non è stata altro che un rimbalzare a breve distanza dal punto minimo.

Ad ogni modo, i prezzi sono aumentati, in misura significativa per quanto concerne metalli di base ed energia. Riguardo al petrolio, i paesi dell’OPEC e alcuni altri paesi non-OPEC, Russia in testa, hanno concordato un taglio della produzione pari a 1,8 milioni di barili al giorno per ridurre le scorte in eccesso più rapidamente di quanto si sarebbero altrimenti consumate. La domanda supera l’offerta Dobbiamo chiederci se il mercato si manterrà prossimo ai minimi o se, invece, i prezzi aumenteranno significativamente.

La mia opinione è che quest’anno assisteremo a un forte rialzo delle quotazioni e ciò per una serie di motivi. In primo luogo, l’offerta non è in grado di stare al passo con la crescita significativa della domanda. I produttori di materie prime hanno trascorso gli ultimi tre anni a fronteggiare prezzi molto bassi, concentrandosi sulla ristrutturazione del bilancio e risparmiando risorse, ma non si sono impegnati in nuovi progetti. Nel settore minerario, inoltre, le compagnie hanno preferito estrarre solo i minerali di maggior valore pur di rimanere neutrali o in positivo sotto il profilo della liquidità. In secondo luogo, ritengo che la domanda crescerà sensibilmente. La richiesta proveniente dai mercati emergenti sarà maggiore del previsto, soprattutto in Asia. Da alcuni anni la Cina è impegnata in un iter di ristrutturazione dell’economia. Noi riteniamo che il percorso stia dando i suoi frutti e che la domanda trainata dai consumi si rafforzerà non solo in Cina bensì in tutti i mercati emergenti asiatici. In terzo luogo, crediamo che i consumatori nei mercati sviluppati ed emergenti abbiano beneficiato per due anni di prezzi contenuti su generi alimentari ed energia, potendo così aumentare il risparmio; attualmente percepiscono inoltre salari più elevati.

Di conseguenza, prevediamo che la domanda al consumo di materie prime aumenterà. Ad esempio, il prezzo del greggio è rimasto per due anni intorno a 50 dollari invece di 110. Il dimezzamento delle quotazioni petrolifere ha portato un vantaggio ai consumatori nell’ordine di 2.000 miliardi di dollari all’anno, a spese delle società e dei paesi produttori di petrolio. n quarto luogo, i governi dei paesi sia sviluppati che emergenti stanno manifestando un cambio di orientamento dalla politica monetaria verso la politica e lo stimolo fiscali. Riconoscono che il quantitative easing non ha materialmente aiutato i consumatori e ritengono che l’incentivazione fiscale avrebbe maggiori probabilità di riuscirci. Prevediamo che Stati Uniti, Europa e Giappone intraprenderanno la strada dello stimolo fiscale mentre la Cina, che l’ha già imboccata, proseguirà nella stessa direzione.

Questo rafforzerà la domanda di materie prime. L’aumento della domanda sarà probabilmente più evidente nel caso dei metalli di base. Rame, zinco, nichel e alluminio dovrebbero trarre vantaggio da un incremento sostanziale della domanda al consumo di metalli. A nostro avviso, il tasso di crescita della domanda di petrolio continuerà ad essere sostenuto nel 2017. Il ritorno a una disciplina della domanda manterrà le quotazioni dell’oro nero su una traiettoria in ascesa.

Vale poi la pena ricordare che la capacità inutilizzata è molto esigua a livello globale. Se l’accordo dell’OPEC regge, 1,8 milioni di barili saranno sottratti al mercato globale (quasi la totalità delle scorte in eccedenza), lasciando il mondo intero vulnerabile a eventuali interruzioni delle forniture. Da parte nostra, nutriamo alcuni timori su questo fronte, considerando le condizioni di sicurezza nel Medio Oriente. La nuova amministrazione USA difficilmente vorrà assumere il ruolo di pacificatore della regione. E mentre i russi hanno aumentato il loro coinvolgimento, non è chiaro se questo contribuirà o meno alla stabilità. È probabile che i confini tracciati 100 anni fa con l’accordo Sykes-Picot verranno ridefiniti.

Più a lungo termine siamo ottimisti anche riguardo ai metalli preziosi. È probabile che nel breve periodo l’oro si manterrà debole, mentre i rendimenti obbligazionari continuano ad aumentare. Le materie prime, in generale, presentano una correlazione negativa con le obbligazioni, tuttavia in questa fase l’oro si sta comportando più come una valuta di riserva a basso rendimento e meno come una materia prima. Il metallo giallo resterà debole fintanto che i rendimenti obbligazionari continuano a salire, e il margine di risalita è ancora discreto. Una volta che i rendimenti obbligazionari si saranno stabilizzati, prevediamo che l’oro tornerà a rafforzarsi.

Per quanto riguarda le materie prime agricole, veniamo da due anni di raccolti abbondanti grazie alla stabilità climatica portata dal ciclo meteorologico di El Niño. Ma questa fase si è conclusa ed è quindi probabile che il clima diventi più variabile in un numero crescente di regioni e pertanto le rese delle coltivazioni tenderanno a scendere. A nostro giudizio, malgrado le due annate estremamente favorevoli per la ricostituzione delle scorte, i livelli sono appena adeguati. Se il prossimo raccolto dell’emisfero settentrionale risulta compromesso, si verificheranno pressioni al rialzo sui prezzi dei prodotti agricoli.

Sta iniziando una fase rialzista di mercato? Sui mercati delle materie prime in generale, prevediamo che il 2017 sarà un altro anno positivo. Le scorte stanno diminuendo. Le curve delle materie prime si appiattiscono e questo sostiene i prezzi nonché i rendimenti per gli investitori. Probabilmente i produttori avranno difficoltà a tenere il passo con la domanda nel corso dei due anni a venire. La fase ribassista del mercato si è esaurita e di norma ciò che segue è un periodo di rimbalzi entro breve distanza dal punto minimo. Malgrado questo periodo abbia storicamente una durata compresa tra due e cinque anni, riteniamo che l’attenzione per il miglioramento delle condizioni a vantaggio dei consumatori potrebbe anticipare il fenomeno al 2017.

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