Il Giappone verso le Womenomics

A cura di Miyuki Kashima, Head of Japanese Equity Investments, Bny Mellon
Il Giappone è pronto per le politiche di Womenomics. Dopo due decenni di stagnazione, le politiche economiche lanciate dal Primo Ministro Shinzo Abe (l’“Abenomics”) hanno migliorato l’outlook di crescita del PIL del Paese per 15 trimestri consecutivi. L’attuale carenza di forza lavoro nel Paese, insieme al forte sostegno del governo e dell’opinione pubblica per un cambiamento sociale, fa sì che questo sia un periodo interessante per l’occupazione femminile in Giappone.
Storicamente il Giappone si qualifica in fondo alle classifiche globali per gender gap. Nel 2016 si è collocato al 111esimo posto su 144: le donne rappresentano solo il 3,5% dei componenti dei Consigli di Amministrazione (CdA) aziendali, e occupano meno del 10% dei seggi del Parlamento. Il rovescio della medaglia è che c’è un margine enorme di miglioramento. Tre anni fa, per la prima volta nella storia del Giappone, è stata lanciata una iniziativa per incoraggiare le donne a entrare a far parte della forza lavoro. Da allora, il governo si è posto degli obiettivi ambiziosi su questo fronte e ha varato nuove leggi per creare un ambiente in cui più donne possano cercare un impiego.
La situazione sta quindi cambiando rapidamente e in maniera evidente. Negli ultimi anni, e in particolare a partire dal 2013, il numero di donne lavoratrici è aumentato, superando ampiamente i livelli precedenti alla crisi finanziaria – mentre nello stesso periodo di tempo l’occupazione maschile non è ritornata ai livelli pre-2007. È interessante anche notare come, all’inizio del 2016, la partecipazione femminile alla forza lavoro in Giappone abbia superato quella degli Stati Uniti. Inoltre, l’87,3% degli studenti universitari femminili che si laureerà nel marzo 2017 è già stato assunto dalle aziende giapponesi, superando l’83% dei candidati maschili assunti.
Quali sono le ricadute per gli investitori?
Crediamo ci siano tre tipi di aziende in Giappone che potrebbero beneficiare dell politiche di Womenomics. Innanzitutto, c’è l’opportunità di investire in aziende che offrono prodotti e servizi rivolti alle donne, e che saranno avvantaggiate dall’incremento di reddito della componente femminile della popolazione – penso ad esempio alle aziende di cosmetici di fascia alta. Le ultime ricerche indicano che le donne in Giappone spendono una percentuale maggiore del loro reddito rispetto agli uomini1, un dato positivo non solo per l’economia ma anche per le società retail e produttrici di questo genere di prodotti.
In secondo luogo, vediamo l’opportunità per investire in società che beneficiano indirettamente della maggiore partecipazione lavorativa delle donne, come le società di servizi di sicurezza o di assistenza all’infanzia. Il Giappone è un Paese molto sicuro, in cui solo il 2-3% delle abitazioni usufruisce di un qualche tipo di servizio di sicurezza. Ma con due componenti del nucleo famigliare impegnati al lavoro fuori casa, è probabile che ci sia un aumento della spesa per allarmi e simili.
Infine, ricerche internazionali dimostrano che le società con un numero maggiore di donne nei CdA registrano performance migliori in termini di profittabilità e andamento dei titoli azionari. C’è pertanto l’opportunità di investire in aziende che hanno già delle donne ai propri vertici, o che stanno per cambiare il top management assumendo delle dirigenti in posizioni senior.
In Giappone, una volta che le regole vengono affermate, i cambiamenti seguono sempre in maniera naturale e le aziende si stanno già adattando agli obiettivi e ai requisiti recentemente stabiliti dalla legge. Di certo la transizione non può avvenire dal giorno alla notte, ma credo che il Paese si stia muovendo nella giusta direzione. Con il sostegno di governo stabile e di un outlook positivo per la crescita economica, il Giappone è a un punto di svolta per le Womenomics.

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