Cct e Btp, analisi di valore relativo

A cura di Marzotto Sim
A diversi mesi dall’inizio della correzione dei mercati obbligazionari, verifichiamo dove siano i valori dei BTP a tasso fisso, rispetto ai CCT a tasso variabile. In particolare ci interessa capire se, da un punto di vista di valutazione teorica, i CCT siano piu’ o meno convenienti rispetto ai BTP. Per farlo cominciamo con il comparare i valori di Asset Swap Spread (ASW – per i BTP) con quelli di Discount Margin (DM – per i CCT). Essenzialmente questi due “spread” indicano quanto  rendono BTP e CCT sopra la curva swap in Euro.
I CCT con scadenza superiore al 2021 offrono uno spread meno elevato rispetto ai BTP di pari scadenza, mentre il contrario accade per i CCT con scadenza inferiore al 2020. Un motivo di questa differenza potrebbe essere legato al fatto che i CCT piu’ brevi (in particolare quelli con scadenza 2018 e 2019), essendo stati emessi in periodi di grande turbolenza, offrono cedole nominalmente più elevate e quindi trattano sopra la pari, il che’ potrebbe incentivare alcuni investitori a venderli anche su livelli di prezzo teoricamente non convenienti (abbassando quindi il prezzo ed aumentando contestualmente spread e rendimento).
Una diretta conseguenza di questo disallineamento degli spread è che il rendimento atteso dei CCT con scadenza dal 2021 in poi è inferiore a quello dei BTP (e viceversa per i CCT con scadenza 2018 – 2019). Chiaramente, non è detto che a conti fatti i CCT 2023 e 2024 renderanno meno dei BTP pari scadenza; tutto dipenderà infatti da come si muoveranno i tassi rispetto alle aspettative attuali. Se l’aumento dei tassi dovesse più o meno seguire quanto attualmente atteso dai mercati, chi oggi abbia investito in BTP riceverà a scadenza di più rispetto a chi abbia invece scelto un CCT.
Da un punto di vista della storia recente, i CCT a medio lunga scadenza hanno da tempo trattato su livelli di spread meno generosi rispetto ai BTP. Ciò è probabilmente dovuto, in particolare da sei mesi a questa parte, ai timori di rialzo di tassi e rendimenti, che sta spingendo molti investitori verso titoli a tasso variabile. Il differenziale di spread ha recentemente raggiunto i livelli massimi della storia recente e, sebbene parzialmente rientrato, tratta ancora si valori piuttosto elevati.
Un modo alternativo per valutare BTP e CCT infine è quello di paragonare al rendimento a scadenza dei BTP, il così detto “Fixed Yield Equivalent” (FYE) dei CCT. In pratica il calcolo del FYE considera che la cedola attuale dei CCT rimarrà invariata per tutta la vita del titolo (di fatto quindi equiparandolo ad un titolo a tasso fisso). Da un punto di vista metodologico, questo procedimento non è assolutamente corretto ma nel recente passato si è rivelato più affidabile delle metodologie teoricamente più precise. Per diversi anni infatti, a dispetto di curve dei tassi a termine che incorporavano un progressivo aumento, i tassi Euribor si sono mantenuti nella migliore delle ipotesi stabili.
In sostanza quindi, utilizzare il FYE per i CCT può considerarsi equivalente a valutare lo scenario più negativo per i detentori dei titoli a tasso variabile. E’ evidente che lo svantaggio dei CCT rispetto ai BTP, con questa metodologia (lo ripetiamo, concettualmente impropria ma che nel recente passato è stata più accurata delle altre) aumenta considerevolmente. 
La tabella sottostante riassume le differenze evidenziate e commentate in precedenza.
marzottocct
In conclusione, per investitori con un orizzonte temporale medio-lungo, investire in CCT ha senso solo se ci sia attende un rialzo dei tassi maggiore rispetto a quello attualmente previsto dai  mercati. Per chi ha orizzonti temporali più brevi invece, i CCT restano uno dei pochi strumenti in Europa) che consentono l’investimento in titoli di stato senza incorrere nel rischio tasso (da cui probabilmente uno dei motivi principali dell’attuale sopravvalutazione).

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