Frexit (e non Brexit) è il vero problema dell’Europa secondo AllianceBernstein

I grattacapi europei non si chiamano Brexit, bensì Frexit. Questa l’opinione di John Taylor, manager del Diversified Yield Plus Portfolio di AllianceBernstein, secondo cui i passi che porteranno la Gran Bretagna ad uscire dall’Unione Europea sono stati così ben segnalati che l’impatto iniziale della Brexit probabilmente sarà quasi irrilevante. Oltremanica rimane da osservare, quindi, solo lo sviluppo del dossier Scozia, Paese che si prepara all’ennesimo referendum per l’indipendenza. Anche in questo caso, i risvolti per l’esperto si vedranno solo nel lungo periodo, dato che l’iter per arrivare al voto si preannuncia prolungato.

Con le elezioni presidenziali francesi ormai alle porte, al contrario, le preoccupazioni più pressanti per l’Ue sono legate al pericolo che il prossimo addio all’Unione possa arrivare da Parigi. Marine Le Pen è data dai sondaggi come favorita per il primo turno, cosa che fa tenere molti con il fiato sospeso. Ad ogni modo, avverte Taylor, un’eventuale affermazione della candidata del Front National non renderà la Frexit cosa fatta. Il suo partito, di fatto, “è difficile ottenga i seggi sufficienti per rendere esecutive le politiche della Le Pen, senza contare che una decisione come questa con ogni probabilità sarà sottoposta al giudizio popolare”.

A mettere carne al fuoco è anche la Banca centrale europea che potrebbe iniziare un tapering del suo programma di Quantitative easing tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2018. Secondo Taylor, infatti, se la crescita e l‘inflazione dovessero mantenersi su questo trend, i fondamentali supporterebbero a pieno una simile decisione. “Se si guarda al rapporto tra i Treasury Usa e i Bund tedeschi prima del Qe, si nota che il rendimento del decennale di Berlino sarebbe di 100 punti base più alte senza l’intervento della Bce”, calcola l’esperto di AllianceBernstein. “Perciò quando il Qe finirà, potremmo trovarci di fronte ad uno shock che inevitabilmente porterà la Bce a mantenersi prudente”.

Dato l’attuale rischio politico, quindi, la scelta migliore per il gestore di AllianceBernstein è quella di diversificare, preparandosi così a cavalcare l’onda in maniera più confortevole. Una prima soluzione è quella di globalizzare i propri asset denominati in euro, anche per beneficiare di cicli inflazionistici asincroni tra i mercati sviluppati e quelli emergenti. Da non perdere di vista, inoltre, gli asset garantiti Usa: i titoli di trasferimento del rischio di credito (Crt) delle agenzie governative Fannie Mae e Freddie Mac, in particolare, permettono di esporsi a un mercato immobiliare statunitense solido e ben posizionato in un contesto di tassi al rialzo.

Sul lato corporate, infine, gli investitori dovrebbero ampliare i propri emittenti. “Spesso le emissioni corporate europee in altra valuta offrono uno spread di credito più ampio rispetto al loro mercato interno”, conclude Taylor.

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