Le implicazioni di Brexit: la view di Allianz GI

A cura di Allianz Global Investors
L’impatto economico a lungo termine della Brexit dipenderà dal tipo di rapporto che si instaurerà tra Londra e Bruxelles nel corso dei prossimi negoziati. All’apparenza, e per il momento,  l’economia britannica sta mostrando una tenuta decisamente superiore a quanto temuto. Questo dipende in parte dall’effetto palliativo della svalutazione della sterlina, dall’orientamento accomodante della banca centrale e da un clima economico mondiale favorevole. Ma il fattore forse ancora più significativo è il fatto che molte società britanniche sono in attesa che si  chiariscano i contorni dei futuri rapporti prima di prendere decisioni di investimento o di trasferire le attività.
Mentre la BOE è stata criticata per la sua reazione eccessiva alle minacce sistemiche ed  economiche per il Regno Unito rappresentate dalla Brexit, il governo britannico ha mantenuto un  approccio attendista nei confronti dello stimolo fiscale (pur avendo concesso quanto era inevitabile, il governo è consapevole della necessità di contenere la riduzione del deficit). Proprio perché il Regno Unito ha evitato lo shock economico che alcuni avevano previsto, sarebbe ingenuo pensare che i costi, in termini assoluti e di opportunità perse, non incideranno sulle prospettive economiche.
A un certo punto del processo Brexit, quando le aziende, i consumatori e gli investitori saranno fermi in attesa degli eventi, la pressione economica inizierà ad aumentare. Il mercato azionario ci dà un’idea di come incidono queste dinamiche: a livello mondiale le azioni sono salite notevolmente negli ultimi mesi, mentre il mercato azionario britannico, valutato in dollari, è ancora al di sotto del livello prereferendum. Le nostre previsioni pre-referendum di una flessione del 5 percento del PIL britannico in un arco temporale di cinque-dieci anni a seguito della Brexit rimangono confermate, anche se naturalmente molto dipenderà dall’esito dei negoziati.
Nel corso dei negoziati, anche l’UE – e soprattutto alcuni suoi membri, settori e industrie – dovrà affrontare un certo grado di incertezza economica associata all’impatto della Brexit. Il Regno Unito è un mercato d’esportazione particolarmente importante per i produttori UE di auto, generi alimentari, vini e abbigliamento, anche se a livello macro esporta verso il resto dell’UE una quota di produzione superiore a quella importata.
La possibile distrazione che deriverà dai negoziati sulla Brexit e dai politici populisti, potrebbe inoltre ostacolare le riforme strutturali che invece saprebbero stimolare la fiducia nel blocco europeo e nella suamoneta unica. Gli effetti di queste tendenze diventeranno forse più evidenti se alcune delle attuali condizioni economiche favorevoli inizieranno ad attenuarsi. In realtà, nella misura in cui l’UE cercherà di “tirare avanti” invece che attuare riforme sensate, e a seconda dell’esito dei prossimi appuntamenti elettorali, nel 2018 l’Unione europea potrebbe ritrovarsi ancora una volta a varare misure di austerità.
Valute.L’esito del referendum ha avuto il suo effetto più immediato e pronunciato sul valore della sterlina britannica, crollata quasi del 13,2 percento rispetto al dollaro e del 10,7 percento rispetto all’euro nelle settimane successive al 23 giugno 2016. La divisa britannica ha subito un ulteriore ribasso in altre due occasioni:
ad agosto, quando la Bank of England ha nuovamente allentato la politica monetaria per proteggere il Paese dagli shock economici che non si erano ancora materializzati;
a ottobre, quando Londra ha lasciato intendere che l’appartenenza al mercato unico dell’UE non sarebbe stata una priorità nei negoziati, avvalorando in sostanza la tesi di una “hard Brexit”.
Mentre il calo della sterlina è stato pronunciato e immediato, le conseguenze di questa svalutazione non sono ancora del tutto chiare. Grazie ai benefici delle coperture valutarie e alle differenze tra i cicli di vita dei prodotti, gli effetti inflazionistici della svalutazione della sterlina iniziano a concretizzarsi solo adesso. In realtà ci aspettiamo un aumento dell’inflazione che penalizzerà i consumatori britannici, soprattutto in previsione del fatto che la Banca centrale britannica resterà orientata verso una politica monetaria di stimolo a discapito dell’ancoraggio dell’inflazione ad un livello target stabilito.
In una prospettiva di lungo periodo, da un punto di vista di analisi fondamentale, la sterlina è sottovalutata e questo sembra suggerire che i mercati stiano già scontando buona parte dell’incertezza che grava in particolare sul Regno Unito a causa della Brexit. Tuttavia non saremmo sorpresi se durante i negoziati di uscita la sterlina dovesse ulteriormente indebolirsi, attirando così gli investitori stranieri interessati ad acquisire asset britannici a prezzi scontati.
In termini relativi, anche l’euro è poco apprezzato e sottovalutato, ma un suo sensibile apprezzamento appare poco probabile finché la Banca centrale europea porterà avanti il suo programma di quantitative easing e data l’incertezza per l’esito delle prossime elezioni nei Paesi Bassi, in Francia e in Germania – e forse anche in Italia. Tuttavia, in una prospettiva di analisi fondamentale, la moneta unica è sicuramente sostenuta dall’attuale crescita economica e dall’ampio surplus derivante dal bilancio tra export e import, soprattutto per quanto riguarda la Germania.
Anche se procederà con grande cautela, evitando interventi che possano destabilizzare ulteriormente le sue banche, la BCE potrebbe incontrare più difficoltà – rispetto alla BOE – nel riequilibrare la propria politica monetaria: se inizierà a ridurre gli acquisti di obbligazioni durante l’anno, si troverà ad affrontare potenziali rischi di ridenominazione delle valute, minacce relative alla solvibilità delle banche dell’Eurozona e problemi consistenti come la sostenibilità del debito greco.

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