Una minore liquidità in dollari

A cura di Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane Bnp Paribas
Mercoledì scorso il Primo Ministro inglese Theresa May ha attivato l’Articolo 50. Il Chief Negotiator europeo Michel Barnier si augura che si riesca a pervenire ad un accordo entro ottobre 2018. Tuttavia, a causa delle elezioni francesi e tedesche, sarà, probabilmente, la Commissione Europea a condurre le negoziazioni quest’anno. Oltre a negoziare i termini del divorzio, il Regno Unito punterà anche a negoziare un accordo di libero scambio con l’UE. Vi è, tuttavia, una probabilità del 30% che il Regno Unito non ottenga niente su tale fronte. Come di consueto, in Europa, tutto ha bisogno di tempo. Per tal motivo, questa settimana l’attivazione dell’Articolo 50 ha avuto un impatto minimo sui mercati e la sterlina ha continuato ad apprezzarsi (restando su livelli molto bassi).
Al di la della politica, l’attività economica è robusta in Europa. Più in generale, la ripresa sincronizzata dei paesi sviluppati e di quelli emergenti sta continuando. Come sottolineato la scorsa settimana, le condizioni finanziarie dei paesi sviluppati non sono cambiate dal terzo trimestre del 2016. In più, i paesi emergenti hanno registrato degli ingenti inflows dall’inizio dell’anno. Di conseguenza la crescita globale è superiore al trend, sebbene gli ‘hard data’ non riflettano l’elevato ottimismo negli indicatori sulla fiducia, specialmente quelli americani.
Tuttavia, nelle ultime settimane si sono verificati dei fattori che hanno un impatto negativo sulle condizioni finanziarie. In particolare, gli spread sull’high yield USA non hanno registrato un ulteriore calo e sono, addirittura, su un trend rialzista. Nel 2015, il rialzo degli spread è stato un campanello d’allarme dell’inasprimento delle condizioni finanziarie e aveva determinato un rallentamento dell’economia 6 mesi dopo. La trasmissione dell’inasprimento dei mercati creditizi all’economia a livello globale è amplificata dalla diminuzione della liquidità in dollari dal 2014 (si veda grafico sottostante). In effetti, qualsiasi inasprimento delle condizioni finanziarie americane determina un vincolo supplementare sulla disponibilità di dollari americani e, di conseguenza, un contagio che si propagherebbe dagli Stati Uniti al resto del mondo.
In questo contesto, non pensiamo che la BCE possa aumentare il tasso sui depositi quest’anno come auspicato da alcuni investitori. Il decoupling tra la politica monetaria e la stretta della Fed rimarrà un punto chiave per la sostenibilità di lungo corso della ripresa europea. In più l’inflazione nell’Eurozona è in calo. Sia l’inflazione headline che quella core hanno, infatti, registrato un significativo calo a marzo. Ciò significa che non vi è una pressione inflazionistica e che sono pochi i segni che indicano che un calo della disoccupazione possa esercitare una pressione al rialzo sulle retribuzioni.
Nel brevissimo termine, la diminuzione degli acquisti mensili della BCE a marzo non rappresenta una grosso problema dato che l’Istituto fornisce già liquidità in eccesso all’Eurozona. Ma porre fine al QE sembra tuttavia impossibile fino a quando prevarranno i rischi politici e una gran parte del debito pubblico dell’Eurozona non sarà più sul mercato grazie alla BCE o a un meccanismo di ristrutturazione del debito europeo. La prossima settimana parteciperò alla conferenza organizzata dalla BCE a Francoforte e sarò lieto di condividere con voi le mie impressioni.
Al di la dell’Europa, la BoJ sembra voler mantenere la politica di yield target almeno per i prossimi dieci anni. Questa strategia richiede una continua iniezione di liquidità nell’economia giapponese. Ma, date le forti forze deflazionistiche (demografia, deleveraging del debito privato, etc.) si tratta di una strategia corretta. La fase di eccesso di liquidità a livello globale ha innescato forti squilibri a livello domestico in alcuni paesi. L’Australia sta, al momento, vivendo una delle più grandi bolli immobiliare della storia. I paesi nordici hanno anch’essi provato a proteggere la competitività di prezzo implementando politiche monetarie ultra accomodanti in un contesto di piena occupazione. I costi economici e finanziari di questi squilibri potrebbero rivelarsi significativi durante la prossima recessione a livello globale.

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