Il futuro del settore bancario sarà determinato dall’efficienza

A cura di Matteo Cassina, Global Head of Sales di Saxo Bank
La consapevolezza che la tecnologia non solo in futuro, ma già oggi stia ridefinendo la finanza è fuori discussione, anche da parte delle realtà più scettiche al riguardo. Ma è tempo di reinventare la banca del futuro, piuttosto che operare aggiustamenti a un modello che non è più adeguato. Ecco quindi i tre passi che le banche possono compiere per affrontare ciò che riserverà il futuro.
Pochi anni fa parlavo del fatto che il futuro del settore bancario sarebbe stato definito dalla tecnologia. Non che l’idea fosse particolarmente nuova, specialmente per quei comparti dell’industria bancaria che avevano già visto come, in un mercato guidato dalla tecnologia, le aziende di market making avevano sostituito i trader multimilionari. Tuttavia c’erano ancora parti del settore che opponevano resistenza al cambiamento.
Oggi, la consapevolezza che la tecnologia – non solo guardando al futuro, ma già nel presente – stia cambiando la fisionomia della finanza è evidente. Non c’è giorno in cui un CEO di una banca non parli dell’impegno dell’organizzazione profuso nell’innovazione mirata ad accogliere le sfide del futuro. Sfortunatamente, per molti, questi discorsi sono di poco valore. Con ciò non voglio dire che le intenzioni di questi CEO non siano autentiche e che, di fatto, non intendano agire in tale direzione. Il fatto è che per molte organizzazioni si tratta semplicemente di utilizzare il fattore tecnologico su un modello di banca ormai obsoleto.
Certo, è duro vedere come sarà il futuro: se, ad esempio, la rivoluzione tecnologica porterà alla creazione di una manciata di “superbanche” (capaci di far propria l’innovazione per competere in ogni singola area dell’attività finanziaria) o se invece avremo una moltitudine di realtà specializzate su un prodotto o un servizio.  Ma ci sono alcune cose che le banche possono fare per affrontare il futuro.
Per prima cosa devono capire i limiti dei sistemi precedenti, invece di difenderli a tutti i  costi. I vecchi retaggi che molte banche affrontano oggi sono simili a quelli cui si sono trovati davanti la macchina da scrivere Olivetti o il business defunto dei Vhs di Blockbuster.
Capire che quei sistemi hanno raggiunto il limite del proprio potenziale e che il costo di proteggerli continuerà a salire fino a erodere i profitti che attualmente li sostengono, è già un primo importante passo. Non si può innovare mettendo Netflix in un punto vendita Blockbuster o un motore Ferrari in un’auto elettrica.
In altre parole, quando c’è un cambio di paradigma nel settore – quale ad esempio un servizio di streaming che sostituisce il noleggio di VHS o DVD, non c’è niente da fare.
In secondo luogo, le banche hanno bisogno di cogliere l’innovazione come un momento di cambiamento e non certo come un’esperienza incrementale. Questa è un’opportunità per le banche di pensare al proprio business del futuro come a un gioco a somma zero. Fare piccoli cambiamenti nella speranza di prolungare la vita degli attuali modelli di business non solo non porterà crescita e profitti nel futuro, ma li soffocherà dal momento che di fatto si sostengono modelli inefficienti che poggiano su una moltitudine di persone impegnate a fornire un servizio che le tecnologie offrono in un modo migliore.
Le banche possono imparare da realtà come Google (ora Alphabet) e GE, i cui leader vedono l’incrementalismo come la strada che porta direttamente all’irrilevanza. Ed è quasi un monito giornaliero: per avere successo nell’era dell’efficienza tecnologica le banche devono essere coraggiose. Sia nella strategia, sia nell’azione. La banca del futuro deve accogliere pienamente l’innovazione: un sito web o la condivisione di file tra vecchi sistemi non ne fermerà la scomparsa. E neanche creare grandi dipartimenti informatici: tutte le banche già li hanno. Parliamo della vera innovazione, di avere un’architettura aperta che permetta di adottare cambiamenti nel giro di poche ore, non di mesi, senza compartimenti stagni tra giurisdizioni, asset class, front e back office.
Infine, le banche devono accogliere la responsabilità e l’innovazione per migliorare se stesse nei confronti dei clienti. Se le banche continuano a mantenere infrastrutture inefficienti come le filiali, e continuano a utilizzare decine di migliaia di persone per tenerle aperte, il costo in termini di inefficienza ricadrà, in ultima analisi sui clienti sotto forma di commissioni più elevate, e sugli azionisti sotto forma di utili più bassi. Entrambi però sono molto più volubili di prima e più inclini a portare i propri fondi altrove.
Qualcuno potrebbe dire che le banche dovrebbero diventare organizzazioni senza scopo di lucro. Non credo che sia il caso: c’è ancora un livello ottimale presso il quale le banche possono produrre utili per i propri azionisti e creare valore per i clienti attraverso la tecnologia.
1) Essere aperti all’outsourcing e alle partnership è uno dei modi per conseguire tutto ciò.
2) Comprare un innovatore o creare risorse comuni con i competitor per diminuire i costi complessivi dell’infrastruttura è un altro.
Molte banche ci hanno messo molto per costruire la propria base di capitale dopo l’ultima crisi finanziaria. Comunque, in un’epoca di restrizioni forse anche più grandi per le attività delle banche e di ulteriori pressioni verso il basso su costi e margini, le inefficienze rischiano di erodere capitale e entrate. Le banche devono migliorare i loro parametri di efficienza.
Per farlo, devono guardare oltre le minacce del breve periodo della rivoluzione fintech per la customer experience, e sfidare l’intera catena del valore per rendere il tutto più efficiente. C’è una concreta opportunità per le banche di smettere di leggere i fondi di caffè e di prepararsi a un futuro in cui i loro clienti saranno incredibilmente più attivi che mai. Ed è quindi ora di agire con coraggio.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!