Elezioni in Francia, domenica 23 il primo turno

A cura di Anima Sgr
Dati macro positivi, politiche monetarie supportive su scala globale e, soprattutto, un rischio politico sotto controllo. Il tema politico ha caratterizzato gran parte del 2016 e continua ad accompagnarci nel 2017, non necessariamente soltanto in negativo, come abbiamo visto in precedenza con l’elezione di Donald Trump e l’attesa per le sue politiche fiscali, di cui il mercato ha beneficiato. Dopo essersi lasciati alle spalle le elezioni nei Paesi Bassi con la vittoria del liberale Mark Rutte a scapito dell’ultranazionalista Geert Wilders, ora la lente dei mercati si è spostata sulla Francia.
Le elezioni francesi, il cui primo turno è in programma il 23 aprile e il secondo il 7 maggio, sono l’elemento di maggiore attenzione in Europa: il rischio principale è rappresentato dall’eventuale vittoria di Marine Le Pen, che ha un programma molto aggressivo, che prevede anche la proposta di un referendum sulla permanenza all’interno dell’Unione Europea del Paese. Una possibilità, evidentemente, che verrebbe accolta dai mercati in modo molto negativo. Tuttavia, si debbono fare alcune considerazioni.
In primo luogo, nonostante i sondaggi indichino Le Pen e il candidato indipendente, Emmanuel Macron, molto vicini (intorno al 25-26%), il sistema elettorale francese è un maggioritario a doppio turno che  prevede, in caso non ci sia una maggioranza assoluta, un ballottaggio tra i due che ottengono più voti al primo turno. Uno scenario plausibile, vedrebbe confrontarsi Le Pen e Macron: in questo caso, la probabilità maggiore è che i consensi dei moderati possano convergere verso il candidato meno estremista, ovvero Macron. Questo quadro trova conferme anche guardando al profilo dei due candidati: Macron rappresenta la novità, essendo alla sua prima tornata elettorale, e potrebbe catalizzare anche i voti di coloro che, all’interno dell’elettorato, cercano un cambiamento; al contrario, Le Pen, nonostante i soli 49 anni, ha una storia di diversi decenni di politica portata avanti dal padre e proseguita da lei.
Inoltre, anche laddove la candidata nazionalista dovesse vincere le elezioni, il percorso istituzionale per arrivare a un referendum sulla permanenza all’interno dell’Unione europea è decisamente complesso. Da ultimo, non dimentichiamo che i francesi sono tra i popoli più europeisti all’interno dell’area Euro. I rischi potenziali, quindi, sono importanti, ma lo scenario base prevede una vittoria di Macron e un graduale e costante riassorbimento del rischio politico che ha penalizzato le azioni europee rispetto al resto del mondo nel corso degli ultimi anni.
Dopo la Francia, l’attenzione si sposterà sulla Germania, chiamata al voto il 24 settembre. L’unica novità è rappresentata dall’ascesa del candidato dei socialdemocratici Martin Schulz, a discapito di Angela Merkel. Ciò che tranquillizza i mercati, comunque, è che le preferenze continuano a orientarsi su partiti più moderati. A livello di dati macro, la crescita globale continua a caratterizzarsi da un buon livello di sincronizzazione, mostrato dal fatto che gli indici di sorpresa economica restano su livelli elevati praticamente ovunque.
Buoni anche i dati sul mercato del lavoro, le vendite al dettaglio negli Stati Uniti e i dati di disoccupazione e di produzione industriale sull’area euro. Per quanto riguarda l’economia Usa, il tasso di crescita atteso per quest’anno è del 2,2% circa, un valore in linea con gli ultimi sette anni: anche se il ciclo americano si trova nella fase avanzata riteniamo che ci siano probabilità elevate che il ciclo possa estendersi ulteriormente.
Questo perché sono assenti motivi di squilibri finanziari e grazie al beneficio della politica fiscale di Trump. Non bisogna dimenticare il tema della reflazione, che è molto importante Le dinamiche inflazionistiche sono positive a livello globale, ovviamente con velocità diverse nelle aree del mondo. Non deve sorprendere, quindi, che le principali banche centrali mondiali stiano proseguendo verso il sentiero della normalizzazione delle proprie politiche monetarie.
Nel suo ultimo meeting, la Fed ha alzato i Fed Funds di 25 punti base, ma più che sul rialzo, il mercato si è concentrato sulle dichiarazioni dell’istituto, decisamente accomodanti e che hanno controbilanciato il rialzo. In area euro, è accaduto il contrario: non ci sono state iniziative concrete da parte della Bce, ma Mario Draghi ha usato toni meno accomodanti di quanto ci si potesse attendere, spiegando che una modifica della politica monetaria potrebbe non essere così lontana.
Questa è una notizia sicuramente meno positiva per i mercati, tant’è che il processo di rafforzamento dell’euro è proseguito. In un contesto di crescita e normalizzazione delle politiche monetarie, la view è quella di preferire moderatamente gli asset rischiosi, in  particolare le azioni rispetto ai bond, prestando sempre una grande attenzione a livello di diversificazione globale. Sui titoli di Stato dei paesi sviluppati manteniamo cautela, date le condizioni di fondo (reflazione e tassi in salita) che non favoriscono l’asset class.

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