Rendimenti europei in calo, la sterlina trascina l’euro

A cura di Giuseppe Sersale, Anthilia Sgr
La pausa pasquale porta in dote elezioni anticipate in UK, ulteriore incertezza politica in Francia, e nuovo stress sul reflation trade.
Un rientro dalla pausa pasquale travagliato, quello di ieri sui principali mercati.
Lunedì, con l’intera Europa chiusa per Pasquetta, Wall Street aveva messo a segno un buon rimbalzo, senza un catalyst particolare, mi pare, se non l’ipervenduto presente in alcuni indicatori, e un parterre di operatori ridotto per festività. Ma il buon sentiment riveniente da quel rimbalzo è rapidamente evaporato oggi, a causa di un misto di temi macroeconomici e politici.
Sul fronte macro, in generale il tema della reflazione ha subito ulteriori colpi. Venerdi, a mercati chiusi, il CPI US di marzo ha clamorosamente sorpreso al ribasso (-0.3% vs 0.0% atteso). La sorpresa si è interamente trasferita sul dato core (2% anno su anno da 2.2% e vs attese per 2.3%). Oltre ai noti effetti base sull’energy, a pesare è stato un massiccio taglio delle tariffe sul mobile. E poi affitti e prezzi delle auto.
Il dato US chiude un mese orribile per i CPI globali, con livelli ben sotto le attese (che già proiettavano un calo) nelle principali aree (manca il dato del Giappone, ma il dato di Tokyo è già stato indicato in rilevante calo).
Scarsamente ispirate le retail sales di Marzo, anche se in questo caso vale, all’inverso, il discorso fatto a gennaio: i dati sono nominali, e quindi l’inflazione negativa avrà impattato, mentrer i dati reali saranno migliori. Qui, la brutta notizia sono le revisioni ai mesi precedenti, che proiettano consumi non cosi allegri per il primo trimestre del 2017 (con buona pace della Consumer Confidence record). Citigroup calcola che la spesa per consumi, trimestre su trimestre, ha rallentato al 2% sulla scorta degli ultimi dati
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Per inciso, sotto attese anche l’Empire NY manufacturing di aprile (5.2 da 16.4 vs attese per 15) e il NAHB housing market index di aprile (68 da 71 vs attese per 70 ma comunque su livelli storicamente elevati).
Di tutt’altro tono i dati macro cinesi di marzo usciti lunedì. Retail sales, Industrial production, investimenti fissi, tutti hanno battuto le stime di margini insoliti. E il GDP del primo trimestre è uscito a 6.9% anno su anno da 6.8% e vs 6.8% atteso. Peraltro, dati del genere lasciano intendere che le autorità proseguiranno con l’inasprimento della stance monetaria e il controllo del credito. Tanto più, visto che gli aggregati monetari di marzo hanno segnalato un altra espansione record del total social financing, a fronte di aggregati monetari M1 e M2 in rallentamento superiore alle attese.
Sta di fatto, che sulla scorta dei dati macro di marzo il rally dei materials è stato effimero, mentre oggi la loro pesante discesa (rame, carbone, nickel e materiale ferroso per fare qualche nome) ha gravato parecchio sul sentiment.
Venendo alla politica, argomenti vecchi e nuovi:
** Non accenna a placarsi la tensione tra Nord Corea e USA. La buona notizia è che sembra esserci identità di vedute tra Cina e USA, con la prima che si adopera per portare a più miti consigli l’alleato coreano. Ma i test missilistici continuano (con alterne fortune a quanto pare) e il delegato ONU, con la solita retorica aggressiva, ha parlato di conflitto nucleare possibile. Resta da vedere come reagirà Trump ad altre provocazioni, e se la Cina manterrà l’atteggiamento costruttivo.
** In Francia la situazione resta fluida, con i 4 principali candidati che hanno tra di loro margini colmabili da eventuali errori nei sondaggi. Ne consegue che un ballottaggio Le Pen – Melencon, per quanto non probabile, non si può escludere. La tensione sui mercati può essere facilmente misurata col costo degli hedge sul mese di aprile (volatilità implicita sul bund ai massimi e pesante contango sulla curva della volatitlità dell’Eurostoxx, col future di aprile a 25 vs maggio a 16).
** La novità politica della giornata è la richiesta da parte della May di elezioni anticipate in UK. Il Premier britannico ha giustificato la richiesta con il fatto che elezioni nel 2020 potrebbero complicare la Brexit, ma in realtà la May mira a consolidare la sua maggioranza in Parlamento (al momento risicata) forte del oltre 20% di margine che le forniscono i sondaggi. Domani alla Camera dei Comuni si voterà la mozione (serve una maggioranza del 2/3 alla portata della May. Nel caso, il voto si terrà l’8 giugno. Le elezioni dovrebbero fornire un mandato assai più solido alla May per negoziare la Brexit. Ma ovviamente riapriranno il dibattito tra “leave” e “remain”, con risultati potenzialmente imprevedibili.
La possibilità di un Governo più stabile e meno ricattabile e/o una Brexit più soft hanno dato forza alla sterlina, una forza esaltata dall’enorme corto speculativo ancora presente sulla divisa anglosassone. La violenza del pullback ha naturalmente penalizzato un Dollaro già non troppo in forma in seguito ai dati deboli, e alle esternazioni di Trump prima di Pasqua (*TRUMP TELLS WSJ DOLLAR `IS GETTING TOO STRONG’; *TRUMP SAYS HE LIKES LOW-INTEREST RATE POLICY: WSJ).
In questo contesto, l’Asia ha mostrato una performance contrastata, con mercati cinesi e Sydney depressi dai materials ma qua e la qualche progresso sparso (vedi Tokyo, ipervenduta).
Gli indici europei hanno provato a fattorizzare la forza di Wall Street, ma è durata poco. Tensioni politiche e caduta libera delle commodities hanno rapidamente contagiato il sentiment, e la conferenza stampa della May ha terminato l’opera: il violento rafforzaento della Sterlina ha demolito la borsa di Londra, ed in generale la volatiltità si è propagata sul mercato dei cambi e in generale sugli altri assets.
Compressi dal doppio effetto reflation in sofferenza e tensioni politiche, i rendimenti europei sono ulteriormente scesi ottenendo, l’effetto consueto sul settore bancario, mentre la reazione della sterlina ha trainato l’€ sopra 1.07 vs $, aggiungendo sofferenza in relativo all’azionario continentale.
Dopo le chiusure europee, Wall Street sembra aver recuperato compostezza. Ma i bonds hanno ritracciato ben poco della loro forza, e per rendersi conto della misura in cui i mercati stanno mettendo in dubbio lo scenario reflattivo negli ultimi giorni, basta dare un occhiata al grafico dei breakeven inflation a 10 anni US.
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