Usa, per Neuberger Berman siamo solo a metà del ciclo economico

A cura di Brad Tank, Cio Fixed Income, Neuberger Berman

La grande notizia nel mercato obbligazionario nelle ultime settimane è che i rendimenti dei Treasury USA sono scesi in misura significativa, mettendo a segno un recente minimo infragiornaliero del 2,16%. Questo movimento ha disatteso le aspettative di molti, ma è in linea con la fase di debolezza dei dati economici osservata durante il mese scorso.

L’ultimo dato sull’occupazione è stato deludente rispetto alle previsioni, così come le vendite al dettaglio del primo trimestre. E la ripresa dell’inflazione, iniziata a luglio dello scorso anno, ha mostrato segnali di stallo. Effettivamente, sommando tutto, il risultato è un trimestre molto debole per l’economia statunitense e questo ha portato gli investitori a porsi un paio di domande. In primo luogo, essi stanno iniziando a interrogarsi sulla durata dell’attuale percorso espansivo della Federal Reserve. In secondo luogo, vogliono sapere se questa fase di debolezza indica la fine del ciclo economico corrente, uno dei più lunghi in assoluto, tra l’altro.

Considerata l’incertezza circa l’agenda legislativa del presidente, le prospettive di aumento dei premi assicurativi sanitari e i crescenti timori sul benessere dell’industria automobilistica, forse non sorprende che alcuni osservatori si stiano chiedendo se tutto questo indichi la fine del ciclo.

Segnali di scissione?

Si sta creando una scissione nel pensiero degli economisti al riguardo. Alcuni sostengono la fine del ciclo, ritenendo che siamo sempre più vulnerabili a un calo dell’attività economica. Altri propendono invece per la metà del ciclo, sottolineando le caratteristiche uniche dell’attuale ripresa, convinti che l’espansione stia sul punto di diventare la più lunga mai registrata. Per rispondere a questa domanda, analizziamo una serie di indicatori economici e finanziari.

In primo luogo, andiamo in cerca di segnali di eccesso che emergono nell’economia reale e/o di speculazione eccessiva nel mercato. Considerando gli indicatori economici reali, il settore immobiliare residenziale offre spesso segnali di avvertimento in anticipo. In passato questo settore è spesso entrato in una fase di calo prima della maggior parte delle altre aree economiche. Eppure oggi l’accessibilità resta allettante su base storica e sebbene resti difficile ottenere finanziamenti, questa situazione persiste da circa 10 anni, ossia dall’ultima crisi finanziaria. È importante notare che i tassi di finanziamento sono aumentati soltanto di mezzo punto percentuale rispetto ai minimi dello scorso anno e l’accessibilità non cambia molto neanche prevedendo ulteriori incrementi di portata analoga. Inoltre, guardando alle disponibilità di immobili residenziali, non vi è alcuna indicazione di eccesso di offerta.

Anche l’industria automobilistica sta attirando molta attenzione. Qui vi sono segnali di eccesso, con una crescita del volume dei finanziamenti per auto di tipo “subprime” e di conseguenza i prestatori stanno già diventando più restrittivi. Tuttavia, sebbene d’ora in poi i volumi delle vendite probabilmente scenderanno, è improbabile che vi sia un crollo precipitoso e che le automobili, da sole, faranno sprofondare l’economia.

Per quanto concerne l’energia, all’inizio del 2016 sono state legittime le preoccupazioni relative all’industria. In particolare, vi è stata un’eccedenza nella creazione di nuovo credito, ma ora è stata fatta pulizia nel sistema e di conseguenza siamo sopravvissuti agli eccessi nel credito e alla contrazione della spesa in conto capitale.

Per quanto concerne le vendite al dettaglio statunitensi, esse sono chiaramente deboli, riflettendo i cambiamenti strutturali nel mercato e schemi di acquisto differenti. Tuttavia, il quarto trimestre si è rivelato particolarmente robusto e i fattori di correzione stagionale post crisi finanziaria hanno portato ad una propensione generale verso un calo dei numeri nel primo trimestre.

Nulla in eccesso

A livello di indicatori finanziari, gli spread high yield si sono contratti in misura significativa nell’ultimo anno. Tuttavia i tassi di insolvenza, al 4% 12 mesi fa, scenderanno probabilmente sotto il 2% quest’anno. Di conseguenza, se si considerano gli spread corretti per le insolvenze, sono all’incirca nella media. Non si è verificato neanche un considerevole peggioramento della qualità delle emissioni. Inoltre, la proporzione delle emissioni di obbligazioni a tripla C è scesa e vi è stata qualche emissione con garanzia ridotta.

I mercati sono stati molto ottimisti circa le prospettive per un cambiamento costruttivo negli USA, ma la realtà è che fino a quando non saranno realizzate riforme importanti, questo ottimismo si basa generalmente sulle aspettative. L’ambiziosa agenda di riforme della nuova amministrazione si sta infatti muovendo più lentamente del previsto ed è probabile che i consumatori non percepiranno alcun cambiamento sostanziale in termini di incremento del potere di acquisto fino ad almeno la metà del 2018. Attualmente sono in atto sviluppi tangibili sul fronte normativo, ma anche qui bisognerà attendere molto prima che essi si traducano in un miglioramento dell’attività economica. Relativamente a imposte, salute e infrastrutture, i mercati possono essere delusi rispetto alle aspettative iniziali, ma in fin dei conti vi sono cambiamenti positivi in programma che potrebbero tradursi in un miglioramento delle prospettive di crescita nel 2018. Nel frattempo, l’economia statunitense continua a evidenziare molte delle caratteristiche che hanno contrassegnato questo straordinario ciclo economico post crisi finanziaria.

Più in generale, il contesto di crescita globale sta migliorando – sia nei mercati sviluppati che in quelli in via di sviluppo – ed è in atto una ripresa dell’attività di esportazione. In conclusione, riteniamo di essere a metà del ciclo economico e che l’economia statunitense abbia ancora della strada da percorrere. Di conseguenza, la linea d’azione della banca centrale degli Stati Uniti continua costantemente a essere quella di un rialzo dei tassi di riferimento.

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