La tempesta perfetta che è già arrivata

Asset manager e distributori, cioè le banche-reti di consulenti finanziari, non si rendono conto della tempesta perfetta che sta per scatenarsi sul cielo del loro business miliardario. La congiunzione astrale che, se non ucciderà, certamente contrarrà di moltissimo a breve i margini dell’industria è fatta dai bassi tassi d’interesse e dall’impatto regolatorio.

Cominciamo dai giganti del risparmio gestito per i quali un autorevole report di Goldman Sachs prevede a breve una “dieta inorganica”. Una dieta fatta di minori asset, minori margini e maggiori difficoltà a offrire prodotti che soddisfino la clientela in un perdurante contesto di tassi bassi. “Switching to an inorganic diet” è il titolo dello studio della banca americana che prende in esame tredici asset manager europei quotati, tra cui gli italiani Anima Holding, Azimut, Banca Generali e Banca Mediolanum. Un mondo con bassi rendimenti anzitutto crea quattro sfide per le società di asset management. La prima, forse la più preoccupante, è che la crescita dell’industria sarà di almeno 400 punti base (4%) inferiore rispetto agli anni recenti, poi sarà sempre più difficile costruire prodotti attraenti del risparmio gestito; inoltre si verificherà una crescente pressione da parte di etf e fondi a gestione passiva e infine un’ulteriore pressione si scatenerà sulle commissioni, che mostrano già una tendenza a decrescere del 2% su base annua. Poi c’è l’impatto delle nuove regole che per l’Europa si chiamano Mifid 2. Un evento che è stato finora rimandato, grazie alla pressione lobbistica di banche e finanziarie, ma che adesso è dietro l’angolo con i suoi effetti devastanti. Asset manager e banche-reti hanno vissuto finora nell’illusione che la stretta su costi e trasparenza dei prodotti non arrivasse mai, ma la pacchia è finita.

Volete un esempio? Lo scorso aprile negli Stati Uniti il Dipartimento del Lavoro ha varato la nuova “Fiduciary rule” per l’industria del wealth management, che è stata estesa ai consulenti finanziari dei piani pensionistici (i famosi 401k) imponendo a tutti i professionisti di raccomandare in fase di vendita esclusivamente i prodotti che siano “nel miglior interesse dei loro clienti”.

Uno studio di A.T. Kearney ha preso carta e penna per quantificare l’impatto che la regolamentazione avrà sul business e l’ha stimato in 20 miliardi di dollari in meno di ricavi e 2 trilioni di dollari di spostamenti di asset da un operatore all’altro. In sintesi: gli asset manager perderanno il 12% di ricavi, broker e consulenti il 33%; mentre a livello di perdita di asset siamo al 6% per le case di gestione e al 17% per gli advisor. Ovviamente chi ci guadagnerà, in termini sia di ricavi sia di asset sono le piattaforme di robo-advisory, fondi-indice ed etf.

Come se non bastasse oggi l’80% del debito tedesco, il 70% di quello francese e il 30% di quello italiano sono negativi e sulle borse la volatilità è massima.

Se a questo si aggiunge che il risparmiatore italiano viaggia sempre più sul breve periodo e punta a fare da solo, il mix è esplosivo. Per questo l’industria della consulenza si trova in difficoltà davanti all’investitore, che non conosce la tolleranza al rischio e non sa definire l’orizzonte temporale. La tempesta perfetta è già arrivata.

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