Uomini vs macchine, humanist vs dataist

Quando si parla di intelligenza artificiale, secondo un sondaggio Swg, gli italiani si posizionano tra le due posizioni dei dataist, quelli che affiderebbero la loro vita agli algoritmi, e degli humanist, che rifiutano la sostituzione dell’intelligenza artificiale all’uomo. Una sorta di movimento luddista del 21esimo secolo.
Comunque tranquilli. Queste posizioni estreme sembra riguardino rispettivamente una minoranza del 10% per i dataist e del 13% per gli humanist, mentre tre italiani su quattro sembrano favorire soluzioni sinergiche a lungo termine tra uomo e intelligenza artificiale. Quindi quale dovrebbe essere, per gli italiani contemporanei, il compito principale di un algoritmo? Compiere scelte di trading finanziario o trovare la strada più rapida in città. Il tema dell’innovazione digitale nell’ambito del lavoro spacca a metà l’opinione pubblica: mentre il 42% ritiene che robot e algoritmi non rubino posti di lavoro, il 47% ritiene invece che questo avverrà. In particolare, rispetto al 2016, la percentuale di coloro che ritiene che i robot rimpiazzeranno i lavoratori è addirittura aumentata: dal 27% al 32%, mentre diminuisce dal 19% al 15% il numero di chi ritiene che i salari diminuiranno. Insomma gli italiani hanno fiducia nell’innovazione, ma non troppo. Lo scenario però cambia se si proietta al futuro.
Nei prossimi 10 anni si prevedono sempre più attività governate da algoritmi e intelligenza artificiale. Rientreranno in questo ambito la guida, l’arbitraggio di una partita di calcio, le diagnosi, gli arresti, la strategia per la gestione di una guerra. Complesso il dato sulla scelta dell’anima gemella: Il 27% pre 27% predilige il web e il 49% lo ritiene un compito prettamente umano. Meno male. Almeno quello.

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