Nullità o inadempimento

La distinzione tra nullità del contratto quadro o inadempimento contrattuale può sembrare una questione di lana caprina destinata ai tecnici, ma le conseguenze di una simile differenza sono importanti, soprattutto in tema di ristoro dei danni. Una recente sentenza della corte d’appello di Milano (giugno 2018) ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tante banche coinvolte nella negoziazione di derivati. La sentenza riguarda l’impugnativa di un lodo arbitrale che vedeva coinvolto un operatore qualificato e forse questo ha influito sul giudizio. In breve si afferma che:
“In assenza di norma specifica che preveda quale oggetto del contratto l’indicazione del mark to market o degli scenari probabilistici, nessun contrasto con norme imperative può rilevarsi rispetto alla impugnata decisione che ha ritenuto non rilevante ai fini della nullità del contratto la mancata determinazione del mark to market. “Tutto chiaro quindi: il contratto che non riporti il mark to market o scenari probabilistici è valido; ci sarà semmai inadempimento dei propri obblighi informativi da parte dell’intermediario. Senonché, in data successiva (settembre 2018) la stessa sezione della medesima corte, in diversa composizione, afferma: “… la trasparenza sul rischio impone che l’accordo tra intermediario e investitore (art. 1325, n.1, c.c.) abbia ad oggetto, a pena di nullità, il valore finanziario (mark to market) e il differenziale di probabilità, nonché, ovviamente, i criteri e il modello utilizzati per calcolarli”. Si sottolinea “a pena di nullità”. Esattamente il contrario di quanto affermato tre mesi prima. Le massime pubblicate sono contradditorie e non aiutano il mercato. Occorrerà aspettare il parere della suprema corte per avere certezze.

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