Trevi, socio di riferimento contro ricapitalizzazione
Seduta negativa a Piazza Affari anche per il titolo Trevi, che cede il 4,3% a 24,45 centesimi per azione. La famiglia Trevisani, cui fa capo tramite Trevi Holding il 31,8% del capitale della società, leader mondiale nell’ingegneria del sottosuolo il cui titolo in borsa ha perso negli ultimi 12 mesi il 2,5%, ha presentato ricorso al Tribunale di Bologna contro la manovra di rafforzamento patrimoniale varata ieri dal Cda chiedendo che la società venga posta in amministrazione giudiziaria.
Trevisani: manovra in conflitto con delega assembleare
Secondo Trevi Holding, gli amministratori e i sindaci di Trevi avrebbero posto in essere delle irregolarità in relazione alla manovra di rafforzamento patrimoniale annunciata, “tra i quali in particolare quelli inerenti ai profili di illegittimità che affliggono la delibera del Cda di aumento di capitale di Trevi per conflitto con i limiti dettati al Cda stesso dalla delibera di conferimento della delega approvata dall’assemblea straordinaria di Trevi il 30 luglio 2018”.
La parola passerà ai soci a settembre
Il Cda ha deliberato un aumento di capitale da 130 milioni in opzione, integralmente garantito dai soci Fsi e Polaris e dalle banche finanziatrici, in parallelo ad un aumento fino a 63,1 milioni riservato alle banche finanziatrici (che garantiranno anche nuove linee di credito per 41 milioni oltre alla conferma di quelle già esistenti per 200 milioni) mediante conversione di crediti e ad un aumento fino a 20 milioni riservato a servizio dell’emissione dei “loyalty warrant”, convocando il 23 e 30 settembre (in prima e seconda convocazione) l’assemblea per l’approvazione dei conti e per il rinnovo degli organi sociali in scadenza.
Indebitamento ridiscende sotto i 700 milioni
Sempre il Cda ha confermato la vendita delle società della divisione Oil & Gas al gruppo indiano Megha Engeneering & Infrastructures. L’indebitamento di Trevi a fine maggio era pari a 699,33 milioni netti (dai 702,94 milioni del mese precedente e ai 686,11 di fine dicembre 2018). Di questi 496,6 milioni risultavano debiti scaduti. A fine dicembre 2018 il patrimonio netto del gruppo risultava negativo per 148,1 milioni.