Al via la fattura digitale obbligatoria: ecco gli errori da evitare

Scatta il 31 marzo 2015 il passaggio obbligatorio alla fattura elettronica per ben 46mila uffici pubblici già registrati e due milioni di loro fornitori. Gli esperti del Sole24Ore hanno elencato i principali errori da evitare per non avere problemi con la fatturazione elettronica obbligatoria.

IL DOPPIO CLICK – Secondo l’analisi del Sole24Ore, l’errore più comune che bisognerà evitare a partire da domani è il doppio click, ovvero insistere più volte a inviare la stessa fattura elettronica al sistema di interscambio. Questo è stato, secondo l’Agenzia delle Entrate, il principale problema rilevato negli ultimi 9 mesi di applicazione della fattura elettronica (dal 6 giugno 2014 è obbligatoria nei rapporti con le amministrazioni centrali), con ben 187mila (il 36%) di fatture scartate con questo codice di errore. Le fatture e incomplete o errate hanno riguardato un alto numero di pratiche, ma per fortuna sono in calo, come ha spiegato la direttrice dell’agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, "si è passati dal 18% di fatture scartate nel 2014 al 15,4% dei primi mesi del 2015".

AUTORIZZAZIONE – Poi ci possono essere i problemi legati al certificato di autorizzazione,  con gli errori per “tracciato non conforme”; negli ultimi due mesi, questi errori sono più che raddoppiati, a causa dell’effetto split payment, che ha rilasciato una nuova versione del tracciato in vigore dal 2 febbraio, con gli adeguamenti richiesti alle nuove regole IVA per la PA.

CODICE UNIVOCO UFFICIO – L’individuazione del “Codice univoco ufficio”, che si temeva fosse il principale ostacolo per il nuovo sistema, ha prodotto solo il 5% degli scarti. C’è sempre però il classico errore di digitazione dell’anagrafica fiscale dell’ente pubblico o del fornitore stesso. "Solo con la fattura elettronica, ad esempio, molte imprese hanno scoperto di aver trascritto male per anni il codice fiscale o la partita Iva del committente", ha rivelato Paolo Catti, direttore dell’Osservatorio fatturazione elettronica del Politecnico di Milano.

SDI, COME FUNZIONA – Lo Sdi riceve le fatture digitali, nei rapporti tra fornitore e PA, le assegna un identificativo ed esegue i controlli sul contenuto. Nei casi in cui il controllo dia esito negativo, la fattura viene scartata e lo Sdi invia notifica di scarto al mittente; in caso di esito positivo, il documento viene inoltrato e lo Sdi spedisce una ricevuta di consegna al mittente. La PA dispone di 15 giorni per inviare allo Sdi una notifica di accettazione o rifiuto della fattura. Se entro questo tempo la PA rifiuta la fattura, il fornitore deve emettere una nota di accredito a storno della fattura. Dopo lo storno bisogna, qualora fosse necessario, emettere una nuova fattura digitale. Se, invece, il documento è stato scartato dallo Sdi, esso va considerato non emesso e, perciò, può essere sostituito senza note di variazione.

CONSERVARE LA FATTURA – Questo è “un nodo decisivo che le imprese devono affrontare subito – spiega Paolo Catti -. Meglio un unico conservatore per ritrovare più facilmente documenti che devono essere ritrovabili dopo dieci anni”. Per la corretta conservazione della fattura elettronica, spiega l’Agid, "si tratta di cambiare mentalità: oggi le fatture cartacee si archiviano in un modo, domani quelle elettroniche dovranno essere conservate con altre modalità. Fondamentale è garantire l’integrità del documento. Sono già stati accreditati i primi 19 soggetti a cui le PA devono rivolgersi per conservare le loro fatture. Per i privati non c’è obbligo, possono scegliere all’interno di un mercato che si va formando".

IL FORMATO FATTURA – Per quanto riguarda il formato della fattura digitale, essa può essere Pdf, Pdf/A, Tiff, Jpg, Xml o altri formati idonei alla conservazione del documento e ad assicurarne l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità. Per le fatture inviate alla PA è ammesso unicamente il formato Xml firmato digitalmente.

I RISPARMI – Con l’introduzione della fatturazione elettronica, la PA può ottenere risparmi diretti di almeno 1 miliardo di euro su base annua, oltre ai benefici economici in capo alle imprese fornitrici della stessa PA, per circa 600 milioni di euro l’anno. Complessivamente, infine, a livello nazionale si tratta di benefit totale di 1,6 miliardi di euro ogni anno.

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