Pensioni, Ape social e minime: tutte le novità spiegate

Dalla riforma del governo arrivano tante novità anche in materia previdenziale. Il budget per le pensioni sale a 7 miliardi, uno in più rispetto a quelli promessi ai sindacati nel corso degli ultimi mesi.

“C’è la 14esima per le pensioni basse e l’Ape per consentire a chi lo vuole di lasciare prima”, ha annunciato in conferenza stampa Matteo Renzi. “Nessuno viene mandato via, ma se si vuole si può andare”. E così già dal prossimo anno anziché un miliardo e mezzo ci sarà a disposizione un miliardo e 900 milioni, una cifra vicinissima a quella concordata a suo tempo ma che poi arrivati alla stretta finale era stata decurtata. Quindi si salirà a 2,5 miliardi nel 2018 e a 2,9 nel 2019.

Maggiori risorse si traducono soprattutto in vincoli meno stringenti per l’accesso all’Ape social, l’anticipo pensionistico per le fasce di lavoratori in difficoltà, dai cassintegrati ai disoccupati ai familiari di invalidi sino ai lavori gravosi (maestre d’asilo, infermieri, edili, macchinisti, ecc.). Per tutti loro la soglia di reddito sotto la quale il prestito ponte è a carico dello Stato infatti sale dai 1.350 sino a 1500 euro.

Il resto dell’impianto dell’Ape è quello noto: dal maggio 2017 si potrà lasciare in anticipo il lavoro una volta compiuti i 63 anni attivando un prestito pensionistico che andrà restituito in 20 anni. Per ogni anno di anticipo chi accede volontariamente all’Ape, come pure i lavoratori che lasceranno prima il lavoro in virtù di accordi tra imprese e sindacati nell’ambito di processi di ristrutturazione (ma in questo caso gli oneri saranno a carico delle imprese), il costo medio sarà pari al 4,5/4,6%. Il resto del pacchetto prevede poi la possibilità di attingere anche ai fondi di previdenza complementare, le ricongiunzioni gratuite tra diverse gestioni Inps, il via libera all’uscita con 41 anni ai lavoratori precoci e la cancellazione dei paletti che trattengono al lavoro i lavoratori usurati.

L’altra grande novità riguarda l’aumento delle pensioni minime. Da un lato la “no tax area” viene equiparata a quella dei lavoratori dipendenti e portata a 8.125 euro e soprattutto scatta un aumento delle 14esime che si percepisce a luglio. I 2,1 milioni di pensionati che già la ricevono, perché percepiscono un assegno mensile inferiore a 750 euro, avranno un aumento del 30% (100-150 euro) che porterà il loro assegno a quota 437/546/655 euro a seconda che abbiano 15, 25 o più di 25 anni di versamenti. Poi è previsto che questa misura venga estesa anche a una nuova fetta di pensionati il cui assegno mensile è compreso tra 750 e 1.000 euro. Si tratta di altre 1,2 milioni di persone a cui andranno da 336 a 420 sino a 504 euro sempre tenendo conto dei tre scaglioni contributivi.

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