Paradisi fiscali: quella sporca quindicina

Le Bermuda sono al primo posto della classifica dei paradisi fiscali più aggressivi con circa generati 80 miliardi di dollari di profitti da parte delle grandi società Usa. Lo fa sapere il nuovo rapporto Battaglia fiscale pubblicato oggi da Oxfam che stila la classifica dei Paesi che mettono in atto le pratiche più aggressive per attirare capitali desiderosi di nascondersi all’occhio delle autorità fiscali. Alle loro spalle ci sono le celebri Isole Cayman, dove i ricercatori di Oxfam hanno trovato traccia di 16 controllate dalle 5 principali banche francesi, che pure non hanno un singolo dipendente. Sono seguite da due Paesi molto vicini e ben conosciuti a cittadini e imprese italiane: Paesi Bassi e Svizzera.

Soltanto pochi giorni fa, un altro studio della grande organizzazione internazionale aveva spiegato che sono cresciuti sensibilmente, in Europa, gli accordi tra le grandi multinazionali e le autorità fiscali, che permettono alle corporation di spuntare condizioni favorevoli. E allora stupisce solo fino a un certo punto vedere che nella top ten dei paradisi più aggressivi stazionano, al sesto e settimo posto, anche Irlanda e Lussemburgo, più volte balzati agli onori delle cronache per trattamenti fiscali da loro riservati alle multinazionali ed emersi nello scandalo Luxleaks o in alcuni fascicoli aperti dalla Commissione europea.

“Questi paradisi fiscali sono tra i principali responsabili a livello globale della dilagante corsa al ribasso sulla tassazione degli utili d’impresa che sottrae miliardi di euro alla lotta alla disuguaglianza e alla povertà”, spiegano da Oxfam. “Molti paesi inclusi nella lista sono stati inoltre protagonisti di clamorosi scandali fiscali. L’Irlanda si è distinta per aver concluso un accordo con Apple in base al quale il gigante di Cupertino ha potuto versare nel paese un’aliquota effettiva pari allo 0,005%; le Isole Vergini britanniche sono sede di oltre la metà delle 200.000 offshore assistite da Mossack Fonseca, lo studio legale al centro dei Panama Papers“.

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