9 modi per andare in pensione prima del tempo

Manca poco al debutto dell’Ape, l’anticipo pensionistico previsto per il 1° maggio. Ma se per la partenza dell’Ape sociale sembra non esserci problema, per l’Ape volontario ci potrebbe essere un posticipo dovuto alla messa a punto della piattaforma informatica, necessaria per far interagire le domande degli interessati, il prestito erogato dalle banche che aderiscono all’iniziativa e l’Inps. Nell’attesa dell’avvio ufficiale, Il Sole 24 Ore propone 9 alternative per andare in pensione prima.

Rita – La rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) è un reddito ponte che può essere utilizzato da chi ha una posizione nella previdenza integrativa. Si tratta di in un assegno periodico con cui coprire il periodo che manca per raggiungere la pensione di vecchiaia.

Ricongiunzione – La ricongiunzione consente di accorpare i contributi versati in due gestioni in modo da sommarli per arrivare al trattamento di vecchiaia, anticipata, inabilità e indiretta con una pensione unica calcolata secondo le regole della gestione in cui si sono trasferiti i contributi.

Totalizzazione – La totalizzazione consente di sommare i contributi versati in più gestioni, in modo da raggiungere i 65 anni e 7 mesi di età e 20 di contributi per la pensione di vecchiaia o i 40 anni e 7 mesi di contributi per quella anticipata. Prima di riscuotere l’assegno dopo aver maturato i requisiti vanno aggiunte le finestre mobili (rispettivamente 18 e 21 mesi). La pensione è calcolata pro quota da ogni gestione interessata all’operazione, in genere si applica il sistema contributivo

Cumulo – Con il cumulo si sommano i contributi suddivisi in più gestioni, per raggiungere la pensione di vecchiaia o quella anticipata con i requisiti standard (66 anni e 7 mesi di età e 20 di contributi oppure 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 e 10 per le donne). A differenza della totalizzazione ogni gestione calcola la pensione secondo le sue regole.

Lavori usuranti – Chi ha svolto attività ritenute usuranti o ha lavorato di notte può andare in pensione se raggiunge una determinata “quota”, cioè un valore dato dalla somma dell’età e dei contributi. La quota varia in relazione all’attività svolta, ma parte da 97,6 con un minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi.

Lavoratori precoci – Chi ha versato almeno un anno di contributi per lavoro effettivamente svolto prima dei 19 anni e si trova in difficoltà o svolge un’attività pesante o svolge attività usuranti può raggiungere la pensione anticipata con 41 anni di contributi, invece che 42 anni e 10 mesi se uomini o 41 e 10 mesi se donne.

Isopensione – Si tratta di uno “scivolo” lungo fino a 4 anni – e pagato interamente dal datore di lavoro – verso la pensione di vecchiaia o anticipata. L’isopensione richiede un accordo tra azienda (con più di 15 addetti) e dipendenti. L’azienda paga l’assegno ponte, pari alla pensione maturata al momento dell’uscita, più i contributi fino al raggiungimento del requisito minimo per l’assegno previdenziale.

Part-time agevolato – Il part-time agevolato, disponibile fino al 2018, consente al dipendente del settore privato, che ha già 20 anni di contributi, di ridurre, in accordo con l’azienda, l’orario di lavoro dal 40 al 60%, fino a che maturerà il requisito per la pensione di vecchiaia. Durante tale periodo lo Stato versa la contribuzione figurativa corrispondente alle ore non lavorate, in modo da non ridurre la pensione futura, e il datore di lavoro riconosce al dipendente la quota di contributi non versati per le ore non lavorate, senza oneri fiscali.

Opzione donna – L’opzione donna è ancora possibile per le lavoratrici dipendenti che hanno compiuto 57 anni entro il 2015, o 58 se autonome, e a tale data avevano 35 anni di contributi. Una volta maturati, infatti, i requisiti non scadono. La pensione viene calcolata con il sistema contributivo.

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