Nel 2016 i risultati delle forme pensionistiche complementari sono stati infatti positivi “per tutte le tipologie di forma e di comparto”, spiega la Covip, precisando che questo del resto dipende dal buon andamento dei titoli azionari e obbligazionari. I rendimenti medi, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, si sono attestati al 2,7% nei fondi negoziali e al 2,2% nei fondi aperti; per i PIP “nuovi” di ramo III (piani individuali pensionistici di tipo assicurativo), il rendimento medio è anche migliore, arriva al 3,6%; le gestioni separate di ramo I hanno reso il 2,1%. In ogni caso si tratta di rendimenti superiori al Tfr, che è stato rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,5%.
La Covip fa poi un confronto tra rendimenti dei fondi pensione del Tfr su un arco di tempo più lungo, compreso tra il 2008 e il 2016: anche in questo caso vince la previdenza complementare. Infatti il rendimento netto medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato del 3,4%, quello dei fondi aperti del 2,9%; nei PIP è stato del 3% per le gestioni di ramo I e del 2,2% per le gestioni di ramo III. La rivalutazione del Tfr è stata del 2,2%.
Ma dove si investe? Il 61% del patrimonio dei fondi pensione è investito in titoli di debito, per i tre quarti costituiti da titoli di Stato. Il 16,3% è costituito da titoli di capitale e il 13,5% da OICR. Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, rappresentano il 3,3% del patrimonio e riguardano quasi esclusivamente i fondi preesistenti.