In Italia, dopo i decreti su affitti e sharing economy act, con l’ultimo Ddl si è cercato di dare delle regole anche al car pooling, cioè l’utilizzo condiviso di automobili private tra un gruppo di persone, con il fine principale di ridurre i costi di spostamento. La piattaforma mette in contatto passeggeri e guidatori, che mettono a disposizione la propria auto, per tratte urbane o interurbane. Tra i principali operatori BlaBlacar, Moovit, ClusSharing, Zego.
I proventi vengono considerati redditi diversi, per attività commerciali non esercitate abitualmente. Tuttavia, considerato che dall’attività svolta tramite queste piattaforme non è possibile trarre profitto, le somme ricevute dal guidatore dovrebbero costituire un mero rimborso dei costi fissi e proporzionali del viaggio. L’Iva è esclusa, perché il requisito dell’abitualità è difficilmente configurabile.
Come per il car sharing tra privati, se i redditi vengono qualificati come diversi, si possono dedurre solo le spese specificamente inerenti. Ma visto che l’attività si svolge con mezzi a uso promiscuo, l’operazione di scomputo non è semplice. E non si possono dedurre mai le spese generali, come il bollo auto, per esempio.