Due miliardi sono pochi per curare l’Italia
Possono due miliardi di fondi bastare a offrire garanzie, alle imprese e banche che le richiederanno, su 200 miliardi di finanziamenti? No. A ribadirlo è la Banca d’Italia, per bocca di Paolo Angelini, dal primo luglio dello scorso anno a capo della Vigilanza di Via Nazionale, interrogato in merito durante un’audizione presso la commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
Per la Vigilanza Bankitalia la coperta è corta
Il miliardo di euro messo dal decreto Liquidità a copertura degli interventi della Sace Spa e del Fondo di garanzia Pmi, a cui si affianca un ulteriore miliardo preesistente in dotazione alla Sace, sono “molto lontani” dal coprire il plafond necessario per erogare la mole di finanziamenti preannunciati dal premier Giuseppe Conte. La coperta, come troppe volte accade, è dunque fin troppo corta e proprio nel momento peggiore.
Tra marzo e luglio alle imprese serviranno 50 miliardi
Tra marzo e luglio, ha infatti ricordato Angelini, il fabbisogno aggiuntivo di liquidità delle imprese italiane potrebbe toccare i 50 miliardi di euro, “anche considerando l’effetto positivo di alcune delle misure contenute nel decreto legge Cura Italia e supponendo un completo utilizzo delle linee di credito disponibili”. Il sospetto che un moltiplicatore pari a 100 o più non potesse esistere nel mondo reale era già stato espresso da più di un economista, ora Angelini ne dà conferma: “la leva (finanziaria, ndr) non può essere chiaramente quella implicita delle cifre che abbiamo adesso”.
Coi fondi attuali si possono garantire 12 miliardi di prestiti
Servirà dunque “un rifinanziamento di quella voce nelle prossime settimane o mesi, in funzione del tiraggio” effettivo. Di quanto è difficile ipotizzarlo al momento, ma nella letteratura non sono noti casi in cui il moltiplicatore della spesa pubblica sia mai risultato superiore a 6 volte (ossia ogni miliardo di spesa o garanzia pubblica potrebbe arrivare a generare finanziamenti per 6 miliardi). Coi fondi attuali si riuscirebbero dunque a garantire al massimo 12 miliardi di prestiti alle imprese.
Il conto finale potrebbe facilmente superare i 10 miliardi
In realtà non è neppure detto che si arrivi a tale cifra, visto che uno studio del 2014 dell’Università del Michigan ha mostrato come persino negli Usa (non proprio un paese inefficiente) raramente la spesa pubblica ottenga moltiplicatori superiori a 3 volte (e non 6 volte). Così alla fine di miliardi per garantire alle aziende italiane di superare il periodo di maggiore impatto dell’epidemia da coronavirus ne serviranno non meno di 8 e forse anche più di 10. Per la precision ne servirebbero oltre 30 se si volessero garantire 200 miliardi di prestiti e oltre 60 se si puntasse a 400 miliardi. Cifre sensibilmente superiori ai 2 miliardi finora a disposizione.