Le disposizioni Consob

La Consob, recependo gli orientamenti già espressi dall’Esma con la comunicazione n. 97996 del 22 dicembre 2014, ha fornito disposizioni applicative sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail. Al suo interno si afferma che ci sono prodotti a complessità molto elevata, i cosiddetti prodotti black, che non sono adatti alla clientela al dettaglio.

Si tratta di prodotti finanziari derivanti da operazioni di securitisation, i cocobond, ossia titoli obbligazioni convertibili in capitale su evento o a richiesta dell’emittente, le credit linked notes, i contratti derivati over the counter non di copertura, gli strutturati senza garanzia di restituzione del capitale. La Commissione raccomanda che queste tipologie di prodotti non siano consigliati, né distribuiti in via diretta alla clientela al dettaglio.

I criteri da considerare
Nonostante ciò la Consob ha ammesso che l’intermediario stesso possa assumere una deliberazione difforme, a condizione però che dimostri che il prodotto in concreto realizzi gli interessi della clientela e che siano disponibili informazioni per valutarne le principali caratteristiche e rischi. Per giustificare una tale scelta distributiva rilevano quindi le caratteristiche socio-economiche del cliente, il suo grado di competenza, l’età, il patrimonio minimo detenuto. Si deve poi aver conto delle soglie minime di investimento e di quelle massime di concentrazione nel portafoglio del cliente. Infine sono essenziali le modalità di offerta, come l’abbinamento sistematico con un servizio di consulenza ad alto valore aggiunto (cosiddetta consulenza avanzata o evoluta) che preveda anche il monitoraggio periodico del portafoglio, il riesame dell’adeguatezza, l’interazione con il cliente e la motivazione dei consigli forniti.

Se si analizzano in modo unitario le condizioni che possono legittimare la scelta di distribuire prodotti ad alta complessità anche alla clientela al dettaglio, ci si accorge che l’insieme delle caratteristiche del servizio descrivono in sé quelli che sono gli elementi più rilevanti del private banking: il tipo di cliente, il range di investimento e, soprattutto, la qualità del servizio offerto.

Si riempie un vuoto normativo
A livello normativo non solo non esiste una definizione giuridica dell’attività di private banking, ma questa espressione non viene mai richiamata come tale nel corpo regolamentare e neanche in questo caso compare espressamente. Sta di fatto che però le caratteristiche indicate dalla Commissione come idonee a legittimare la scelta di commercializzare i prodotti black alla clientela al dettaglio rappresentano un embrione definitorio del servizio di private banking.
Si passa così da una mera logica di classificazione della clientela a quella in cui diventa rilevante il livello di servizio. Nella disciplina Mifid il cliente professionale su richiesta è quello che rispetti due su tre delle seguenti condizioni: abbia effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato con una frequenza media di dieci operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti, abbia un portafoglio superiore a 500mila euro; lavori o abbia lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi.
Dalla rilevanza della tipologia del cliente si passa a quella della valutazione del servizio reso al cliente in ragione delle sue caratteristiche. All’interno della clientela retail si aprono nuovi spazi non legati di per sé solo alla tipologia di cliente e al suo livello di patrimonializzazione, ma alla qualità e alle modalità dell’attività di consulenza prestata dall’intermediario autorizzato.

Assume quindi importanza fondamentale la consulenza finanziaria di tipo evoluto che contenga al suo interno il rispetto del principio di adeguatezza multivariato, il monitoraggio periodico del portafoglio, la forte integrazione e l’aumento di consapevolezza del cliente anche in ragione delle motivazioni espresse sugli investimenti raccomandati.

Ne consegue che il servizio di consulenza finanziario, se prestato nella forma del private banking, finisce per aumentare considerevolmente le capacità distributive dell’intermediario e ciò sarà ancora più rilevante con la Mifid 2. Qui il private banking potrebbe trovare una rilevanza sempre più autonoma nel sistema regolamentare con ricadute positive per la crescita e lo sviluppo di questo settore.

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