Quindici anni alternativi

Quindici anni sul mercato dei fondi alternativi, durante i quali si sono alternate fasi Toro e Orso con una certa frequenza, ma che hanno anche segnato la progressiva crescita di un settore che punta principalmente a equilibrare i grandi portafogli. Raggiunto il traguardo dei tre lustri di attività per Hedge Invest Sgr è il momento di tracciare un bilancio, delineando i possibili sviluppi di un settore reduce da un periodo complicato.

Domare la volatilità
“Rispetto ai nostri esordi, le strategie alternative risultano ancora più attuali per gli investitori evoluti alla ricerca di rendimenti con volatilità contenuta”, racconta l’amministratore delegato della società, Alessandra Manuli.
“Vi sono ampi margini per crescere ancora, tanto più che il denaro degli investitori continua ad affluire nelle casse degli hedge fund: nel trimestre il flusso è stato di 47,9 miliardi di dollari contro uscite per 42,3 miliardi con una raccolta netta di 5,6 miliardi, secondo i dati resi noti da HFR.
Dello stesso avviso Alessandra Manuli, amministratore delegato di Hedge Invest Sgr che ha da poco tagliato il traguardo dei primi 15 anni di attività.

Il ruolo degli Ucits alternativi
“La globalizzazione dei mercati rende infatti difficile trarre vantaggio dalla semplice diversificazione geografica”, prosegue Manuli. “L’attivismo delle banche centrali continua a incidere sulla volatilità dei mercati nel breve e nel medio periodo, e, in questo contesto, il mondo obbligazionario è destinato ad offrire scarsi rendimenti a fronte di un rischio in aumento”. Per questo motivo, già a fine 2012, Hedge Invest ha lanciato quattro comparti Ucits che replicano strategie attive tipiche del mondo hedge. Prodotti innovativi sia per gli approcci di investimento utilizzati, sia per il mercato di riferimento”. I comparti della piattaforma di Ucits alternativi di Hedge Invest, a tre anni dall’avvio, incidono oggi per il 56% sul totale degli Asset under management gestiti dalla società e pari a 1,65 miliardi di euro.

Protezione del capitale
“Nel selezionare gli hedge abbiamo sempre puntato su fondi operativi in strategie semplici e liquide, senza fare ricorso a quei veicoli che, per sfruttare una maggiore libertà di azione, offrono esposizione in settori esotici e poco liquidi”, sottolinea Manuli. “Nei nostri portafogli, per esempio, abbondano le strategie long/ short equity, un modo efficiente per avere esposizione al mondo azionario. Questo ci ha permesso di passare indenni la crisi del 2008”.
Se si guarda, infatti, alle fasi più difficili dei mercati finanziari, emerge come le strategie hedge siano state in grado di preservare il capitale. Nel settembre 2008, mentre l’indice MSCI World Local Currency, l’indice rappresentativo delle borse mondiali, perdeva più del 40%, con molti operatori costretti a uscire dal mercato, il settore hedge conteneva il drawdown, ovvero la massima perdita della serie storica, al -15,7%, secondo l’HFRI FoF Index, l’indice rappresentativo del settore hedge internazionale, e i due fondi flagship di Hedge Invest, l’HI Global Fund e l’HI Sector Specialist, limitavano la perdita a poco più dell’8%, permettendo un più rapido recupero, poi avvenuto nel 12 mesi successivi. Il tutto, senza che Hedge Invest facesse ricorso a misure restrittive della liquidità e senza variare il trattamento commissionale più favorevole per gli investitori.

Crescita del 63% in 15 anni
Se si passa dalla protezione del capitale al rendimento cumulato, si osserva come nei primi quindici anni del nuovo millennio, il settore hedge abbia ottenuto mediamente il +63,95% (Indice HFRI FOF). Segnali di un mercato molto diversificato, in cui l’abilità dei gestori può davvero fare la differenza.

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