Private banker 3.0

Paolo Martini, amministratore delegato Azimut Capital Management e co-direttore generale di Azimut Holding, ha da poco pubblicato un libro dal titolo emblematico, “Essere private banker 3.0” (si può richiedere gratuitamente sul sito www.azimut. it, 248 pagg.), con un sottotitolo
altrettanto eloquente, “Perché cambiare è logico”. Nel colloquio con PRIVATE racconta cosa lo ha spinto a realizzare questo volume e la sua visione del mercato.
Come nasce l’idea di questo libro?
Ci sono due quesiti che ricorrono di frequente: “Perché alcuni consulenti hanno così tanto successo? Qual è la loro ricetta?” e poi “È possibile trasmettere la loro esperienza ad altri?”. Molti libri dedicati alla nostra professione hanno un taglio troppo accademico. È bastato, quindi, guardare all’interno del nostro gruppo per trovare alcuni tra i migliori professionisti del settore e ricavare dalla loro esperienza sul campo i contenuti del libro.
Cosa intende con questa definizione?
Il mondo delle reti ha dimostrato con i fatti di non avere più nulla da invidiare al private banking, che inizialmente si ostinava a considerare i consulenti finanziari come professionisti di serie B. Oggi la convergenza fra i due mondi è evidente. Guardando al domani, temo che l’industria sia diventata un po’ troppo autoreferenziale.
Quindi come cambiare rotta?
Occorre saper decidere in fretta prendendosi anche qualche rischio controllato, serve un’innovazione continua di modello e di servizio prendendo spunto da realtà diverse dalle nostre, come ad esempio Google o Apple. Sono altrettanto importanti il focus sulla performance per i clienti, una grossa spinta allo sviluppo delle competenze dei consulenti, un’apertura internazionale e l’uso della tecnologia come leva per gestire meglio la relazione.
Ha fatto cenno alla tecnologia. Vede rischi nell’avanzata dei roboadvisor?
In questi ultimi tempi non si parla altro che di roboadvisor, ma per ora – a mio parere – sono soprattutto idee di marketing su cui costruire belle interviste. I numeri legati a questo business sono ancora modesti. Tuttavia non va trascurato per il domani perché anche i numeri cresceranno e bisognerà essere pronti a coglierne le opportunità, soprattutto legate alle generazioni di futuri investitori. Per questo stiamo puntando in modo deciso sul mondo delle start up e dell’early stage all’interno del progetto “Libera Impresa”, destinato al supporto delle pmi italiane.

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