Banche, no ai passi indietro

 

Il nuovo primo ministro Giuseppe Conte ha citato nel suo discorso programmatico una non meglio precisata revisione del processo di sistemazione delle Banche di Credito Cooperativo e delle banche popolari. Il passaggio ha destato notevole stupore e non può essere ignorato.

 

Riforma incompleta

In base alle riforme ancora in itinere, ma giunte a uno stadio notevolmente avanzato, le popolari più grandi devono trasformarsi in Spa, con conseguente superamento del voto capitario, mentre le Bcc sono chiamate a raggrupparsi sotto l’ombrello di alcune holding (partecipate dalle medesime Bcc), in modo da assumere una dimensione e una patrimonializzazione adeguata al nuovo contesto e passare sotto la vigilanza della Bce.

 

Rischio boomerang

La riforma delle Bcc introduce un modello nuovo e sconosciuto in Europa, ma l’ipotesi di stoppare due processi appare impraticabile e soprattutto inopportuna. Quasi tutte le Popolari interessate alla riforma sono già trasformate in Spa, rimangono fuori solo Sondrio e Bari quest’ultima non esattamente un modello da prendere ad esempio, viste le difficoltà dei piccoli soci a monetizzare le azioni acquistate agli sportelli della medesima Banca.

 

Priorità al credito

Le 250 Bcc stanno confluendo in tre holding che dovranno essere capitalizzate per oltre 2,5 miliardi per soddisfare i requisiti patrimoniali richiesti e continuare ad erogare credito: senza capogruppo e nuovo capitale, non ci sarà più credito. Bisogna infatti ricordare che a seguito dell’introduzione della Mifid 2 non sarà più possibile vendere obbligazioni opache agli sportelli delle Bcc come è successo nel passato, con risultati deludenti (per essere eleganti). Il modello di banca piccola e territoriale ormai appartiene ad un passato che non può più tornare, visto che, ad esempio, solo nella provincia di Cosenza da 2011 a oggi sono saltate 5 Bcc: San Vincenzo La Costa (3 sportelli), Bruzia ( 2 sportelli), Tarsia (3 sportelli), Cosenza (8 sportelli) , dei Due Mari (12 sportelli).

 

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