È l’ora di costruire l’arca

di Angelo Deiana

Fintech, crisi digitale, Mifid 2, Idd, Psd 2, conti economici da rifare e dunque tutti contro le piattaforme, la blockchain, le criptovalute e gli altri fattori di innovazione.

Diciamolo chiaramente: una specie di “nightmare”, di incubo ricorrente per chi voglia fare previsioni con un minimo di stabilità sul sistema bancario e finanziario e sulle logiche occupazionali che sviluppa. D’altra parte, è sempre così: qualsiasi crisi si manifesta come la perdita di un mondo, di un pezzo di noi. Pensavamo di stare bene. O no? Può darsi. Ma la domanda successiva è la seguente: quello stato di benessere era pensato e strutturato per durare per sempre o no?

Partiamo da un assunto di base. Il consensus tra i principali gestori di fondi e Sicav internazionali è che i trend di sistema (e, in particolare, la Mifid 2) porteranno a una contrazione dei margini e a un appesantimento delle procedure che peseranno soprattutto sulle realtà di minore efficienza operativa, che potrebbero finire fuori dal mercato o assorbite da altre società. In altre parole, i piccoli verranno, salvo eccezioni casuali, mangiati dai grandi.

 

Il momento della verità

L’inizio dell’incubo (a quello che dice McKinsey) sarà marzo 2019 quando, per la prima volta, il cliente private (e non) inizierà ad avere una consapevolezza del Ter (Total Expense Ratio) in termini di valore assoluto. Ma quello sarà solo il primo passo: entro marzo 2020, ci sarà molto nervosismo da parte del segmento retail (in particolare) nel momento in cui emergerà il divario tra prezzi/costi e performance reali nette. E questo sarà tanto più impattante se il 2018 non sarà (come sembra ad oggi) un anno particolarmente buono dal punto di vista dei risultati di mercato.

Certo, ci dice McKinsey stessa, la crescita dei volumi si potrebbe bilanciare con un calo del pricing nell’ordine del 5-10%. Ma questo film varrà solamente per i grandi player dell’asset management e per le grandi reti di distribuzione. Ma cosa succederà agli altri, ai piccoli? Cresceranno, senza dubbio, le banche digitali che le Sgr potranno provare a sviluppare, ma sarà sempre un mercato povero perché chi è costretto alla guerra dei prezzi digitali, combatte sempre una guerra tra poveri.

 

Partnership selezionate

Ecco una prima conseguenza strategica: la diminuzione del numero medio di partnership tra reti e asset manager al fine di ampliare i volumi. Come dire: se proprio devo concedere una maggiore retrocessione, è sempre meglio concederla a chi mi garantisce volumi sufficienti a coprire i costi. E a guadagnare qualcosa. Per quanto riguarda gli altri, ci dispiace ma il mercato è il mercato.

Ed ecco perché, nei prossimi 24-36 mesi, tutto questo porterà a una trasformazione profonda dell’asset management, diminuendo il numero degli attori presenti sul mercato nel medio-lungo periodo. Poi c’è il problema delle reti. McKinsey dice che circa 12 miliardi di Euro potrebbero “spostarsi” perché la trasparenza sul vero costo totale potrebbe far venir meno il legame fiduciario con il proprio consulente. Forse non saranno proprio 12 miliardi ma si tratta comunque di un rischio patrimoniale significativo.

In tutti gli altri casi, i costi/prezzi dovranno abbassarsi drasticamente, oppure vedremo un ritorno alle architetture chiuse, così come accaduto in Uk con la Rdr (sotto i 300mila pounds). Chi ci legge da tempo su PRIVATE, sa che lo avevamo detto da tanto tempo. Ora siamo arrivati quasi al punto di flesso, al salto di paradigma, all’innovazione disruptive, perché non di processo o di prodotto, ma di mercato rispetto al sistema costi/ricavi.

Ma non è finita anche per noi. Perché, come dice Warren Buffet, predire il diluvio è solo fuffa. L’unica cosa realmente importante è costruire l’arca. Dal prossimo numero in poi, cercheremo di capire come reagire efficacemente a questa innovazione strategica che cambierà per sempre il nostro mercato.

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