Triathlon dei patrimoni

“I problemi dell’Italia non devono spaventare. Questo è un Paese straordinario, che ha nella ricchezza delle famiglie un asset fondamentale, da preservare e da sviluppare per sostenere una crescita su livelli più robusti di quelli visti negli ultimi anni”. Le parole di Paolo Federici, dall’autunno nuovo responsabile di Ubs Wealth Management in Italia, non sono di circostanza, ma riflettono le convinzioni maturate dal manager nella sua lunga esperienza a livello nazionale e internazionale, che tra le altre cose lo ha visto country manager Italia di Fidelity, quindi responsabile del Nord Europa e poi dei prodotti a livello mondiale per lo stesso asset manager, prima di accettare la proposta del ritorno in patria con la principale banca svizzera.

 

Come cambierà il wealth management di UBS Italia con il suo arrivo?

Innanzitutto mi preme sottolineare il valore della continuità di un gruppo presente sul mercato da 150 anni e in Italia. Ci consideriamo un category killer, dato che siamo una banca internazionale, di presenza globale e facciamo questo mestiere da sempre, per cui costituiamo un riferimento per tutto il mercato. Quanto all’Italia, siamo un Paese caratterizzato da patrimoni privati elevati e il wealth management, nel quale avevo già lavorato in passato presso SanPaolo Imi, è un settore di grande interesse per tutelare e far crescere questa ricchezza. Siamo un grande Paese e qui ho trovato persone che condividono la mia stessa “visione”: non è il momento di piangerci addosso, ma di dare ciascuno di noi – per la responsabilità che siamo chiamati a esercitare – il nostro contributo.

Certo, non è un mestiere semplice: anche alla luce dell’evoluzione normativa e di mercato, occorre disporre di una struttura e di competenze adeguate.

 

Come siete organizzati su questo fronte?

Siamo strutturati in tre aree: Wealth, che raccoglie tutto il network e le filiali sul territorio, responsabilità che sono stato chiamato a ricoprire ad aprile, prima della promozione alla guida di tutto il WM; Global Segments, che segue la clientela con esigenze più complesse e di natura più globale, come multimilionari, clienti istituzionali e family office, che vede alla guida Ferruccio Ferri; infine Growth, che include tutte wealth planning, corporate advisory, cio, nonché prodotti e servizi finanziari, affidata ad Alberto Martini.

 

In che modo si integrano tra loro?

La terza area riassume tutte le competenze necessarie per sviluppare al meglio le attività delle prime due. È una struttura articolata perché il mondo in cui viviamo è molto più complesso rispetto a qualche tempo fa. Di conseguenza anche il private banking deve cambiare volto: non può essere più solo il prodotto a fare la differenza, è fondamentale anche il contenuto in termini di servizi. Il nostro obiettivo, in linea con quanto ci chiedono i clienti, non è occuparci solo degli investimenti, ma contribuire al loro benessere globale. La ricchezza sempre più oggi viene vissuta non come un fine, bensì come un mezzo per garantirsi questo benessere.

Da queste considerazioni siamo partiti per mettere a punto un sistema di offerta tripartito, che guarda al patrimonio, da salvaguardare e valorizzare, alla famiglia, con la necessità per chi è in età avanzata di assicurare la trasmissione della ricchezza, infine all’impresa, che è l’attività generalmente svolta dai nostri clienti. Per competere in questo scenario bisogna essere dei veri e propri coach per il cliente e, per usare un paragone che trovo molto calzante, un coach di tutti e tre gli sport contemporaneamente, un vero e proprio triathlon.

 

Quali di queste attività vengono svolte all’interno della banca e quali invece affidate a partner esterni?

Alla luce dell’organizzazione di cui sopra siamo in grado di gestire tutto all’interno. Questo non significa che il banker sa tutto, ma che abbiamo creato una struttura a più livelli e al contempo integrato in modo che laddove non arrivano le competenze di un professionista, intervengono quelle di altri. Il lavoro in team aiuta molto a fronte di complessità crescenti. Faccio un esempio: ci sono clienti che vivono a Milano, ma hanno figli che studiano a Londra. È opportuno acquistare casa qui in Italia, è meglio farlo nella City o magari prendere un immobile in locazione? Qual è la fiscalità nei diversi casi? Sono domande alle quali è possibile rispondere solo con un confronto tra professionisti con differenti specializzazioni.

 

Il discorso sulle complessità fa pensare che la soglia minima per diventare clienti di UBS WM sia ben più alta dei 500mila euro di solito fissati dalle private bank italiane. È così?

Seguiamo clienti con esigenze articolate, il che solitamente coincide con clienti che hanno grandi patrimoni. Non c’è comunque una soglia d’ingresso: si guarda alle esigenze di consulenza e alle prospettive di crescita. Prendiamo il caso di uno startupper: probabilmente non avrà ancora a disposizione un grande patrimonio liquido, ma può avere necessità particolari, che possiamo affrontare assieme.

 

Quali sono i vostri numeri in Italia?

Contiamo asset in gestione per 33 miliardi circa a fine 2017, con 564 dipendenti nel wealth management e undici filiali sul territorio: Milano, Roma, Napoli, Firenze, Bologna, Modena, Treviso, Padova, Brescia, Varese e Torino. Negli ultimi tre anni UBS in Italia è cresciuta in media del 10% all’anno in termini di attivi investiti, mentre la media di mercato si è fermata al 4,7%.   La struttura dei ricavi è legata per l’85% a componenti ricorrenti in quanto quasi il 90% dei clienti in Italia, escludendo gli intermediari finanziari, rientra nei mandati di consulenza (la media dei player specializzati si aggira intorno al 45%). Siamo il primo wealth manager internazionale nel mercato nazionale e puntiamo a consolidare questa posizione, considerato che il 20% dei patrimoni private è ancora gestito è gestito da operatori non professionali. Si tratta di un’opportunità unica per ampliare la base di clienti, di attivi e la nostra quota di mercato, puntando in particolare sulla consulenza.

 

A quest’ultimo proposito, in cosa consiste il servizio di Wealth Planning Advice?

È il nostro modello di consulenza che mette al centro l’analisi della situazione personale, attuale e prospettica, del cliente sotto quattro aspetti: stile di vita, che comprende gli aspetti di pianificazione patrimoniale e finanziaria, la dimensione internazionale degli investimenti e degli interessi, l’attività professionale, il tenore di vita; fiscalità degli strumenti finanziari in portafoglio, considerando anche patrimoni detenuti all’estero e partecipazioni societarie; componente rischi, che riguarda la pianificazione previdenziale e assicurativa, ma anche i rischi imprenditoriali e professionali; aspetti successori, compreso il passaggio generazionale. Tra gli altri, abbiamo specialisti che affiancano i clienti imprenditori

nella gestione di operazioni straordinarie legate alla raccolta di capitale per finanziare la crescita, all’internazionalizzazione, alla gestione del passaggio generazionale, alla diversificazione del rischio familiare o, nel caso l’imprenditore intenda passare ad altri il timone dell’azienda, alla razionalizzazione dell’azionariato e alla monetizzazione a seguito di cessione.

 

Con le tensioni che caratterizzano le principali asset class, molti detentori di grandi ricchezze oggi vanno a caccia di investimenti alternativi. Qual è la vostra view in merito?

Come per gli altri campi in cui operiamo, non abbiamo ricette preconfezionate, ma valutiamo l’opzione più interessante per il cliente. Il servizio di advisory può individuare un’opportunità di investimento nei fondi di private equity così come in altre soluzioni poco liquide, ma adatte a una clientela che ragiona in un’ottica di lungo periodo.

Una delle attività che più ci vede impegnati al fianco dei nostri clienti negli ultimi tempi riguarda la quotazione in Borsa di aziende familiari. L’interesse, in particolare, è per il segmento Aim di Borsa Italiana, strumento emergente e competitivo che consente a piccole e medie imprese di raccogliere capitale dal funzionamento simile a un fondo private, senza exit e con una governance molto leggera.

 

Chiudiamo con qualche curiosità su di lei: quali sono i suoi hobby e come incidono sul lavoro?

Non amo sport stressanti, ma l’attività fisica che mi fa star bene e mi piace praticarla con gli affetti. Sono appassionato di tutto ciò che è innovazione perché credo che la curiosità sia l’ingrediente fondamentale per fare bene le cose, in tutti i campi.

 

 

 

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