Licenziati via algoritmo

Negli Stati Uniti ha fatto scalpore il reportage del sito The Verge, che racconta come Amazon si sia dotata di un software, Adapt, che monitora le performance di ogni lavoratore, manda richiami in caso di cali di produttività, annota il tempo trascorso non lavorando (anche solo per andare in bagno) e che,

dopo sei avvertimenti, decreta automaticamente il licenziamento. Quella che appare la sceneggiatura di una pellicola fantasy è ormai realtà e resta da capire fino a che punto può spingersi la tecnologia su questo fronte e, affrontando la questione da una diversa prospettiva, quali sono le tutele per i lavoratori. Ne abbiamo parlato con Luca Failla, co-fondatore dello studio di giuslavoristi LabLaw, di frequente impegnato su temi che riguardano le nuove frontiere delle nuove tecnologie.

 

Iniziamo con la domanda prevalente per chi legge una notizia del genere. È ipotizzabile che anche in Italia si arrivi a delegare a un algoritmo la facoltà di licenziare?

Assolutamente no. Il licenziamento in Italia deve essere comminato dal datore di lavoro e non da un software. Comunque anche in Italia è possibile che un’azienda nel decidere se e chi licenziare – soprattutto in un caso di scarso rendimento o di comparazione fra più soggetti entro cui effettuare la scelta – possa affidarsi a un software che selezioni, magari con un ordine di preferenza e o gradualità, una lista di possibili candidati al licenziamento. Queste tecnologie sono già di casa nella funzione recruiting, con le società di head hunting che spesso selezionano i curriculum vitae ricevuti.

 

Fin dove possono spingersi?

Esistono software che verificano i cv sulla base degli standard prefissati dalla committenza e scartano quelli non fitting con le esigenze di chi sta cercando la risorsa. In altri termini, le aziende possono affidarsi a un algoritmo o software nel prendere decisioni, sarà così sempre di più, ivi compresa quelle relative al licenziamento. Secondo la legge italiana tuttavia le aziende saranno sempre tenute a “motivare” le ragioni alla base del licenziamento, ergo il software non potrà limitarsi a invidiare “chi” deve essere licenziato, ma dovrà anche “motivare” le ragioni della scelta.

 

Se il software sbaglia, chi è responsabile?

L’azienda indubbiamente che si è basata sul software. E l’impresa che prende la decisione in ultima istanza.

 

L’automazione in campo hr sta prendendo piede anche in campo finanziario: in che misura? Come è messa l’Italia rispetto agli altri paesi?

E’ difficile rispondere a questa domanda. Come sempre ci sono aziende più avanti su questa strada e altre che seguono o nemmeno sono in cammino.

Certamente le multinazionali di matrice americana sono più avanti anche sulla base delle esperienze che i loro headquarter stanno portando avanti (si veda proprio il caso Amazon). Ma credo sia una tendenza inarrestabile anche per le aziende italiane e solo questione di tempo. Il software o algoritmo aiuta il decisore, riduce l’area del rischio (anche se rimane), può analizzare molto più velocemente una quantità di dati maggiore rispetto al soggetto umano: non vi è motivo per non pensare ad un uso massiccio anche in questi settori.

 

Dunque, con l’avanzata tecnologica dovremo abituarci a una restrizione dei diritti?

Non è questo il punto. La tecnologia moltiplica le possibilità di raccolta e analisi dei dati e consente di arrivare a valutazioni molto più rapide di un tempo. Ai tempi della grande industria diffusa, c’era un addetto che girava all’interno dello stabilimento per raccogliere tempi e metodi del lavoro. Oggi non serve più e i risultati sono molto più affidabili rispetto al controllo manuale. Detto questo, le tutele non vengono meno, restano quelle fissate per legge. A cambiare è il fatto che se un lavoratore è meno performante, questa situazione emergerà in tempi rapidi, per cui sarà più difficile nascondersi nelle pieghe dei grandi corpi aziendali. Aggiungiamoci che ormai il mercato sopporta poco le sacche di inefficienza, per cui il ruolo della tecnologia in questo ambito è destinato a rafforzarsi.

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