La nuova rotta dei fundless sponsor

Francesca Vercesi

 

È l’unica in Italia che interpreta il private equity come fundless sponsor. Perché, diversamente da quanto accade in genere nell’industria di chi investe nel capitale di rischio delle aziende non quotate, dove si raccoglie da investitori istituzionali o qualificati impegni di investimento per un certo valore, in Augens Capital si cerca un solo equity investor che finanzia in gran parte l’azienda oggetto di interesse. Il resto lo mette Augens. La società, nata nel 2014, conta su sei partner, tutti con una lunga esperienza tra grandi banche di investimento internazionali come Vestar Capital, Goldman Sachs, Société Générale, società di consulenza come Alix o McKinsey e colossi industriali come Petronas, Selenia e Fiat Auto. La forza della società è nel network di chi la gestisce e nell’operatività multidisciplinare. Nello storico e prezioso stabile della società milanese di Corso Magenta 84, dove Augens Capital ha la sede, si lavora in tandem con lo studio legale Lms.

Il team è composto da Marco Mantica (founding partner), Aldino Bellazzini, Stefano Costa, Fabio Labruna, Massimo Puccio, Reza Shahrbabaki. PRIVATE ha incontrato Marco Mantica.

 

Come è arrivato a fondare Augens?  

Vengo dall’investment banking e dal 2000 sono diventato investitore di private equity. Prima Londra, poi Parigi per varie istituzioni e poi sono tornato in Italia e, avendo il background francese, nel 1993 a 29 anni sono diventato capo del corporate finance in Italia per SocGen. All’epoca avevamo comprato il 49% di Albertini Sim per costruire una unità di advisory. Da lì una serie di altre esperienze anche a livello internazionale, fino alla scelta di mettermi in proprio.

 

Qual è il vostro tratto distintivo?

La mentalità di lavorare bene insieme, dato che condivido il passato professionale con alcuni degli attuali partner. Mettiamo insieme alte competenze di investimento, procedure di lavoro molto disciplinate e network, capacità di visione strategica di impresa e una portaerei legale che ci consente di seguire bene le aziende, lo studio Lms. In genere io mi occupo della deal generation spesso accanto a Stefano Costa che ha portato investimenti a livello internazionale. Lavoriamo solo con le esclusive.

 

Avete dei settori in particolare a cui guardate?

I settori che ci interessano sono quelli connessi all’healthcare e ai servizi alle persone ma siamo aperti a considerare anche altre opportunità, siamo focalizzati comunque sulle società italiane dal grande potenziale. Investiamo in società di qualità con brand riconosciuti, leader nel loro settore, con tecnologie distintive, capacità imprenditoriali inespresse, relazioni consolidate con i propri clienti. Guardiamo ai midmarket buyout: guardiamo a società grosse da risistemare e non start up. Aziende familiari che devono affrontare temi di successione, società dal business valido ma con potenzialità inespresse o che sono in difficoltà.

 

Qual è il vostro approccio agli investimenti?

Siamo un management team di private equity che, invece di avere un modello di business con un fondo committed, ha un modello dove le operazioni che costruiamo noi con un lungo investimento in termini di tempo (due diligence) in cui cerchiamo un investitore unico che diventi equity investor, con regole di governance precise. La gestione la manteniamo noi (in genere mettiamo il 10% dell’equity). Abbiamo due soci sulle due operazioni in essere: Dws e la Bmo (Bank of Montreal). Sono sempre operazioni di coinvestimento.

 

Qual è il vantaggio per l’investitore?

Che può scegliersi sia il team di lavoro sia le operazioni in cui investire. Non paga le commissioni sul committment e inizia a pagare una commissione dal momento in cui l’investimento è realizzato.

 

Su quante aziende siete investiti oggi?

Delta Med (medical equipment) dal 2015 e Impresa Sansiro Milano (funeral service) dal gennaio 2019. La prima, tre anni dopo chiude con 22 milioni di euro di fatturato (erano 12 nel 2015), abbiamo cambiato la qualità del management, fatto tre mini acquisizioni prodotto, una partnership distributiva con gli Usa e a febbraio ci sarà il lancio della versione 2 di un prodotto medicale che si chiama Sistema Chiuso. La previsione è di 30 milioni di fatturato quest’anno. Mentre quello su Sansiro lo vedo come un investimento da almeno dieci anni.  Va strutturata, ma è un’azienda straordinaria. Ha il 20% del mercato di Milano con 18 milioni di fatturato.

 

Come uscite dagli investimenti?

In due modi. Una cedere l’azienda a livello strategico una volta fatto il massimo che si poteva fare. Oppure non uscire. In questo caso, però, bisogna ragionare con l’azienda.

 

Ha delle passioni in particolare?

Tante, in primis i cani. Sono infatti entrato nel cda di Cà Zampa, primo ospedale di animali domestici, fondato da Corrado Passera e la moglie Giovanna Salza.

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