Banche, spinta rosa al business

di Andrea Giacobino, tratto da PRIVATE di aprile

La “gender diversity” fa bene alle banche italiane. Lo dimostra uno studio elaborato da Diana Capone del Dipartimento vigilanza bancaria della Banca d’Italia per gli Occasional Papers di Via Nazionale intitolato “Diversità e inclusione nelle banche italiane: un’analisi empirica delle misure a sostegno della presenza femminile nei board”. All’aumento del numero delle donne, dimostra lo studio, si sono associati anche un maggior loro coinvolgimento nelle dinamiche consiliari e caratteristiche più marcate di indipendenza e competenza, che le rendono potenzialmente in grado di essere più incisive nei meccanismi decisionali. Inoltre, il maggior numero e il ruolo più sostanziale delle consigliere incidono positivamente su profili ritenuti determinanti per l’efficacia dell’azione dei board dalla Banca d’Italia nelle regole di vigilanza sul governo societario.

 

Lunga strada da percorrere

Già nel 2014 l’istituto, nell’ambito delle attività di supervisione di sua competenza, aveva condotto un’analisi dei consigli di amministrazione, di sorveglianza e di gestione di tutte le banche italiane per verificare se l’obiettivo di adeguata composizione, posto dalla disciplina di vigilanza sul governo societario, fosse effettivamente colto dalle scelte organizzative effettuate in autonomia dagli intermediari. L’analisi – pubblicata nel 2015 sul sito web di Bankitalia – aveva evidenziato percentuali molto basse di presenza femminile nei board in tutti i ruoli e prossime allo zero per le figure apicali di amministratore delegato e presidente.

 

Spinta del regolatore

La Banca d’Italia aveva quindi invitato – con un’iniziativa non formalmente prescrittiva – le banche ad “adottare iniziative volte a favorire una maggiore presenza femminile nei propri organi di vertice, in tutti i ruoli (specie quelli esecutivi ed apicali)” individuando nel 20% il “valore minimo di presenza femminile che tutte le banche devono considerare nel determinare la composizione del board”; richiedendo “almeno un componente donna per i ruoli esecutivi, se collegiali (comitato esecutivo)”; incoraggiando il raggiungimento della soglia del 33% “per le banche più grandi (attivo superiore a 10 miliardi di euro) anche se non quotate valore che si va consolidando come prassi di mercato anche in conseguenza delle indicazioni normative vigenti per le società quotate”. Nella stessa comunicazione la Banca d’Italia aveva sottolineato che “il mancato raggiungimento delle soglie indicate formerà oggetto di confronto nell’ambito della ordinaria attività di vigilanza”.

 

Passi in avanti

Il recente report, che si riferisce alla data del 30 giugno 2018 e riguarda le 426 banche (di cui 23 quotate) mostra che nel complesso la presenza femminile nei board delle banche italiane è aumentata nell’ultimo triennio, sia per le quotate sia per le non quotate. Per queste ultime la presenza femminile nei consigli d’amministrazione resta molto contenuta, passando in media da un decimo dei componenti a poco più di un settimo, mentre, non sorprendentemente, nelle banche quotate la percentuale di presenza femminile aumenta in modo più consistente passando da un quarto dei componenti del board a più di un terzo.

Considerando i ruoli rivestiti dalle donne all’interno dei consigli, si rileva che sia nelle banche non quotate sia in quelle quotate, la percentuale di donne tra gli amministratori qualificabili come esecutivi aumenta in misura limitata (rispettivamente, del 2% e 5%), mentre nei ruoli non esecutivi la percentuale di donne cresce in modo più rilevante (rispettivamente del 4% e 16%). Per le figure apicali, nelle banche non quotate i presidenti donna sono in lievissimo aumento (dal 2% al 3%), mentre miglioramenti leggermente più apprezzabili si registrano per gli amministratori delegati (dal 5% del 2014 si passa al 7% del 2018). Un netto miglioramento si registra nel numero di presidenti donne in banche quotate (da 0 nel 2014 a 4 nel 2018), mentre continuano ad essere del tutto assenti gli amministratori delegati donne.

 

Le conclusioni

Quando le donne sono nominate nei board spesso però sono scelte, a preferenza dei colleghi uomini, come componenti dei comitati interni ai consigli. Nel 2014, infatti, il numero medio di comitati a cui ciascun amministratore donna partecipava era pari allo 0,75; nel 2018 questo numero sale a 1,5. Per gli uomini nel 2014 il numero di comitati per amministratore era pari a 0,6; dato questo che sale di pochissimo nel 2018 ed arriva a 0,7. Lo studio, elaborato un indice di efficacia teorica del board per ciascuna banca quotata e comparando i risultati relativi al 2018 con quelli del 2014, evidenzia un miglioramento nel quasi l’80% dei board esaminati con riferimento soprattutto ai profili in cui le donne nominate nel 2018 presentano comparativamente caratteristiche migliori rispetto agli uomini e rispetto alla situazione del 2014. “Bassi livelli di diversity nei consigli di amministrazione – conclude il report- aumentano i rischi di bias cognitivi di gruppo, possono compromettere la capacità di critica costruttiva delle decisioni della maggioranza o di coloro che sono percepiti come leader delle discussioni e portare a dare eccessivo peso a pregiudizi e convinzioni radicati nel tempo e mai messi in discussione. La diversity di genere, in particolare, è un fattore fondamentale per fondare una buona governance, assicurare la sana cultura aziendale e gestire i profili di rischio”.

 

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