di Luca Zitiello
Nell’ambito del processo di revisione di Mifid 2, Esma ha reso un parere tecnico alla Commissione Europea sulla scorta delle risposte avute dai partecipanti al mercato nell’ambito della Call for evidence del luglio scorso. Nella prima parte si occupa di un tema centrale: quello dei requisiti di trasparenza degli incentivi.
Gli inducements sono un elemento cardine del mercato finanziario a partire da Mifid 1, ove venne stabilito per la prima volta il principio di trasparenza obbligando gli intermediari a comunicare al cliente ex ante la natura e la quantità degli incentivi ricevuti e pagati a terzi.
Passo in avanti
Con Mifid 2 si è fatto un netto passo in avanti: si è accentuata la trasparenza ex ante costringendo gli intermediari a comunicare l’effettiva quantità di incentivi ricevuti da terzi, non essendo più satisfattiva l’indicazione del mero criterio di determinazione e, soprattutto, nell’ambito dell’informativa ex post si è richiesta la loro rappresentazione affinché al cliente fosse chiaro che gli incentivi rappresentano un costo del servizio prestato al cliente finale. Un passaggio giustamente ritenuto di fondamentale importanza se solo si pensa alla prestazione del servizio di consulenza. Il cliente ha sempre creduto che fosse gratuita perché così c’era scritto sul contratto nell’articolo sui compensi.
Costi in chiaro
Mifid 2 si è posta come obiettivo di far capire che quel servizio unitamente al collocamento è pagato dal cliente con i suoi soldi, ossia attraverso le commissioni riscosse dalle case prodotto e retrocesse ai distributori come remunerazione del collocamento e della consulenza propedeutica alla sottoscrizione o all’acquisto dei prodotti stessi. Come dice un vecchio adagio del mercato finanziario: nessun pranzo è gratis.
Test di efficacia
A questo punto Esma si chiede se questo nuovo regime sia stato idoneo a incidere sulle modalità distributive degli intermediari e come le abbia modificate in ragione dell’auspicata diversa percezione del cliente finale del costo del servizio ricevuto. L’esito della consultazione non sembra dare risultati confortanti in tal senso in quanto i partecipanti riferiscono l’assenza di un impatto sostanziale sui loro sistemi distributivi. L’autorità di controllo europea si interroga quindi su quale sia il rimedio opportuno da consigliare nel processo di riforma che porterà a Mifid 3.
Opzioni sul piatto
Esma considera l’ipotesi dell’introduzione del divieto assoluto di ricevere inducements tenuto conto che lo stesso è stato già implementato volontariamente in due Stati membri, il Regno Unito e l’Olanda, facendo notare che in quelle giurisdizioni sono stati raggiunti dei buoni risultati in termini di ottimizzazione della distribuzione di prodotti con miglior rapporto qualità/costi, di riduzione del conflitto di interessi per i consulenti ed aumento della competitività per le case prodotto, adducendo al riguardo due studi indipendenti di recente pubblicazione. L’Autorità però continua nel suo ragionamento e si chiede quali conseguenze deriverebbero dall’introduzione del divieto assoluto in tutti gli Stati membri nei quali sono presenti sistemi molto diversi tra loro. In particolare, ritiene opportuno domandarsi quale potrebbe essere l’effetto nei sistemi banco-centrici ad architettura chiusa, osservando che il divieto potrebbe essere aggirato da pratiche di integrazione verticale tra produttori e distributori soprattutto all’interno dello stesso gruppo. In altri termini ciò che non venisse pagato come incentivo potrebbe essere riconosciuto a titolo di dividendi o comunque realizzato come utile nel bilancio consolidato di gruppo.
Palla alla Commissione
Esma propende quindi per non raccomandare alla Commissione l’introduzione di un divieto generalizzato invitandola a considerare gli impatti sui modelli distributivi in ragione delle differenze presenti nei vari Stati e quali azioni potrebbero essere intraprese per controbilanciare gli effetti indesiderati. Di notevole rilevanza sono le indicazioni fornite dall’Autorità per fronteggiare il fenomeno degli incentivi nei sistemi ad architettura chiusa, ossia dove si privilegia la distribuzione di prodotti propri, soprattutto nella parte in cui si indica il rafforzamento del criterio di adeguatezza, del giudizio di equivalenza e della selezione del catalogo prodotti. A ciò si aggiunge l’opzione di rafforzare il record keeping ossia di tenere uno specifico tracciato dei prodotti distribuiti che offra la possibilità di un agile confronto da tenere a disposizione delle Autorità competenti.
E’ ragionevole ritenere che questo dibattito accompagnerà l’intero processo di Mifid review. Su questo sarà interessante vedere le risposte che perverranno al questionario della Commissione Europea, che sul punto ha formulato una domanda specifica.