I capisaldi della ripresa economica

La ripresa autunnale delle attività ci consegna, oltre alle grandi incertezze sanitarie, anche alcuni trend consolidati che finiranno per caratterizzare in maniera stabile l’economia interna ed internazionale nei prossimi anni. Almeno due le certezze acquisite.

 

Fuori dai big

L’Italia è definitivamente uscita dal gruppo delle potenze economiche che pilotano l’economia mondiale. Il declino era in corso oramai da oltre 20 anni, certificato dal progressivo e costante downgrading nei rating creditizi e in tutte le altre classifiche economiche: dall’istruzione alla produttività. La crisi del Covid ha solo accelerato l’inevitabile finale. L’Italia, paese fondatore della Ue e contributore netto della stessa sin dall’inizio, è passata nella posizione di prenditore netto di contributi, trattamento riservato alle economie più deboli, come, ad esempio, quelle dei paesi dell’Est appena usciti dal giogo dell’allora Unione Sovietica. La notizia dei contributi a fondo perduto è stata accolta con applausi nel Parlamento e non si capisce il perché: essere diventati prenditori netti di contributi Ue è una pessima notizia poiché indebolirà la posizione dell’Italia in ogni trattativa internazionale. Le conseguenze negative per il sistema paese e per le imprese italiane si sconteranno per anni, forse decenni.

 

La certezza

L’euro, che prima della crisi del Covid sembrava così debole a causa della sua incompleta architettura e dei suoi errori di costruzione, si è rilevato una moneta forte, molte forte. E non mi riferisco unicamente al tasso di cambio con altre valute sempre soggetto ad infinite variabili. Difatti ha anche dimostrato capacità di continuare ad attrarre nuovi paesi: proprio nelle settimane successive all’epidemia Bulgaria e Croazia hanno aderito all’accordo di cambio che è la precondizione per entrare a far parte dell’Eurozona. Ma soprattutto la moneta unica ha trainato le intere istituzioni europee nell’offrire risposte adeguate e tempestive alla crisi economica. Ciò si deve ovviamente alla leadership delle tre donne che attualmente al timone dell’Europa: Christine Lagarde, Ursula von der Leyen e, soprattutto, Angel Merkel. A questo punto è chiaro che non esiste spazio per l’Italia fuori dall’euro e dalla Ue. Uscire non vorrebbe dire riacquistare sovranità nazionale, ma perderne ancora dovendo subire un’altra moneta forte di cui semplicemente essere una appendice, senza possibilità di partecipare alle scelte e ai vantaggi come è adesso.

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