Private banking: i quattro motori del cambiamento

Vito Andreola

 

Cavalcare i cambiamenti di mercato e normativi richiede flessibilità e competenze trasversali. È la convinzione di Andrea Rotti, amministratore delegato del gruppo Ersel, che in questa intervista fa uno scenario dell’industria e presenta le strategie aziendali.

 

Partiamo dallo scenario: come sta cambiando l’industria del private banking?

“Negli ultimi anni i cambiamenti strutturali al contesto competitivo hanno subito una forte accelerazione che si è prodotta lungo almeno quattro direttrici: una maggiore specializzazione dei modelli di servizio con la polarizzazione tra big player, spesso reti di consulenza finanziaria, e boutique di private banking; un’evidente polarizzazione nell’asset management tra soluzioni di gestione passiva sui principali mercati e soluzioni attive in strategie e nicchie a maggior valore; una maggior regolamentazione, soprattutto a livello europeo, volta a tutelare il risparmio e la sua valenza sociale; la maggior rilevanza della tecnologia nei modelli di servizio e nell’esperienza d’uso dei clienti. Tutto questo ha favorito processi di aggregazione alla ricerca di economie di scala date dalle maggiori dimensioni, un tema cruciale anche per le boutique basate su modelli maggiormente flessibili e ad alto contatto con la propria clientela.

 

Tutto questo in uno scenario di crescita economica anemica e di tassi bassi.

“Il contesto dei mercati finanziari, che tipicamente dovrebbe maggiormente attenere alle condizioni congiunturali in cui si svolge l’attività, ha subito un’evoluzione nell’ultimo decennio che lo sta rendendo un fattore strutturale. Il perdurare di politiche monetarie iper espansive ha condizionato le politiche di investimento degli operatori e stravolto la natura degli investimenti a reddito fisso, il mercato finanziario più rilevante al mondo.

 

Come Ersel reagisce a questi impulsi?

Una boutique come Ersel deve avere la capacità di gestire e integrare, nella piattaforma di offerta, professionalità e competenze trasversali con l’obiettivo di guidare i clienti nella ricerca di soluzioni articolate per tutti i bisogni connessi al patrimonio in senso ampio. Questa è la nostra principale direttrice strategica e la stiamo perseguendo da tempo avendo integrato servizi di gestione e consulenza finanziaria del private banking con quelli più sofisticati di pianificazione nella detenzione di patrimoni complessi, tipici dell’operato dei family office. Il tutto all’interno di un gruppo che non rinuncia a fare del proprio asset management un centro qualificato di competenza gestionale.

 

Su quali direttrici state lavorando?

Il nostro team di private banking si è arricchito di specialisti con esperienza su Torino, Milano e nella nostra sede di Lussemburgo. Sul fronte investimenti abbiamo invece lavorato rafforzando i team interni con nuove strategie peculiari, su azionari tematici (tecnologia e innovazione) e su obbligazionario europeo (bond subordinati); strategia quest’ultima per la quale abbiamo ricevuto un’importante delega di gestione da un distributore internazionale.

La nostra dimensione è cresciuta negli anni anche grazie alle acquisizioni della maggioranza di Banca Albertini a Milano e di due importanti fiduciarie indipendenti. Vogliamo che il nostro percorso di crescita sia graduale, non snaturi i nostri tratti essenziali e soprattutto che ci consenta di coinvolgere sul nostro progetto da tre a cinque banker all’anno con clientela di elevato standing.

 

Oggi si fa un gran parlare di asset illiquidi, complice la nuova normativa sui Pir alternativi, ma di prodotti se ne vedono pochi: come mai?

Gli asset illiquidi o, meglio, gli investimenti in private markets sono diventati di grande interesse per il segmento private e degli Hnwi intenzionati ad emulare il comportamento degli investitori istituzionali internazionali, includendo questi assets in portafoglio.

Le principali soluzioni di investimento infatti sono ancora in larga misura rappresentate dai fondi chiusi, con durata pluriennale, rimborso principale alla scadenza e soglia minima normativa pari a 500 mila euro. Soprattutto quest’ultima condizione resta un ostacolo a una significativa diffusione di tali investimenti ed andrebbe abbassata come già tanto discusso in varie sedi istituzionali.

Per quanto ci riguarda, sul fronte del private equity abbiamo creato una soluzione di investimento in partnership con Fondaco Sgr, il più importante gestore istituzionale italiano, di cui Ersel è socio fondatore e stiamo lavorando ad un’ulteriore iniziativa con un partner altrettanto qualificato. Sul fronte del private debt abbiamo scelto invece la strada di una collaborazione con Muzinich per un Eltif che investe in un portafoglio molto diversificato di debiti senior secured, garantiti, per offrire un flusso cedolare del 2-4%.

In un paese come il nostro ricco di risparmio, spesso parcheggiato in soluzioni di investimento che rischiano di erodere il capitale futuro in termini reali, il compito di un buon servizio di private banking è di affiancare il cliente nella costruzione di un portafoglio di rischio coerente e diversificato.

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