E’ l’ora dei private asset

L’industria dei servizi d’investimento sta attraversando una fase di profonda trasformazione per la quale sono richieste scelte di lungo termine. Si moltiplicano ormai gli appelli affinché la ricchezza privata italiana trovi dei canali di investimento per sostenere il tessuto imprenditoriale e il territorio nazionale. Così nascono nuove iniziative legate agli investimenti in real asset italiani, spesso sotto forma di Eltif (European Long Term Investments Fund), fondi alternativi di medio-lunga durata che rispettano anche i requisiti del Decreto “Rilancia Italia” e prevedono investimenti minimi accessibili per la clientela affluent e private perché, va ricordato, investire nella crescita dell’economia reale non è per tutti.

 

Cala l’appeal per gli high yield

Visto che le nazioni si fondano anche su comunità professionali che ne condividono valori, storia e prospettive, alcuni operatori di private banking stanno cominciando a diminuire il rischio dell’obbligazionario high yield dai portafogli dei clienti sostituendolo col rischio illiquidità degli investimenti reali per dare il proprio contributo ad allineare gli interessi del paese con quelli delle famiglie che hanno significative disponibilità finanziarie, obiettivi di ampia diversificazione del portafoglio e orizzonte d’investimento di lungo periodo. In questo modo, i consulenti finanziari delle famiglie private salvaguardano il giusto equilibrio tra l’attiva partecipazione ai mercati finanziari e gli interessi dei loro clienti che, per quanto consapevoli delle proprie scelte di investimento, non sono certo investitori per professione. In realtà, è proprio su questo ultimo punto che si dividono le opinioni dei gestori dei fondi alternativi e dei consulenti finanziari.

 

Logica di prodotto

I gestori individuano il profilo ideale dell’investitore basandosi su una “logica di prodotto”. Avendo come quadro regolamentare europeo di riferimento l’Aifmd (Alternative Investment Fund Managers Directive) per ampliare il mercato potenziale e raggiungere i clienti semi-professionali, i gestori puntano su un ticket minimo di accesso all’investimento basso e una definizione a priori del peso massimo del fondo sul “portafoglio complessivo” che comprende tutti gli asset del cliente. Poco importa se questi asset risultano affidati a differenti intermediari, perché i gestori non ritengono obbligatorio il supporto di un servizio di consulenza finanziaria di portafoglio che aiuti il cliente a scegliere nell’universo investibile. Al contrario, promuovono un modello di commercializzazione diretta che permetta all’investitore di “sposare” l’esperienza professionale del gestore e la progettualità di crescita delle imprese da lui selezionate.

 

Logica di servizio

I consulenti finanziari, invece, individuano il profilo ideale dell’investitore basandosi su una “logica di servizio”. Avendo come quadro regolamentare europeo di riferimento la Mifid (Markets in financial instruments Directive), dato lo scenario prolungato di bassi tassi di interesse, i consulenti puntano sul livello di servizio (consulenza finanziaria e gestione patrimoniale) come fattore abilitante per soddisfare le attese di performance dei clienti dando loro accesso a un’ ampia gamma d’offerta per massimizzare le opportunità di diversificazione e decorrelazione del portafoglio e beneficiare sia del premio di illiquidità che delle agevolazioni fiscali. I private banker vedono quindi nella consulenza finanziaria obbligatoria sugli asset loro affidati un modello di commercializzazione indiretta per prodotti complessi e illiquidi che tutela gli investitori non professionali. Attraverso la product governance e la valutazione nel continuo dell’adeguatezza dell’investimento per il cliente, tenuto conto del suo percorso di vita individuale e familiare, ritengono che si eviti il rischio di un disallineamento tra le attese di performance e la modalità di creazione di valore attraverso gli investimenti effettuati dal fondo. In questo modo diventa meno rilevante che il cliente conosca o abbia avuto esperienza nel settore economico su cui decide di scommettere.

 

Sfide aperte

Sotto il cappello della road map per l’implementazione della Cmu (Unione dei mercati dei capitali) oggi la partita è aperta. Sono cominciate le revisioni di entrambe le direttive europee per rimuovere le limitazioni dal lato dell’offerta e ridurre le barriere all’investimento dal lato della domanda. Vediamo chi la spunterà questa volta o se, invece, la logica di filiera prevarrà dando vita a una visione comune e condivisa.

 

 

 

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