Di Angelo Deiana
Lo scriviamo da molto tempo: il sistema bancario e finanziario tradizionale, pur consapevole della maggiore profittabilità ed efficienza generate dal fenomeno fintech, continua in molti casi a fare una certa resistenza nel metabolizzare e sfruttare questi orizzonti evolutivi che impattano tutti i principali segmenti dell’industria bancaria (payment, investment, lending).
Potenzialità da valorizzare
Vengono spesso sottovalutate dal sistema alcune delle potenzialità espresse dalle start-up in termini di servizi e prodotti innovativi a prezzi contenuti che vanno incontro alle nuove esigenze dei consumatori e dei clienti. Pensiamo al successo del cashback di Stato, e al fatto che sarebbe stato impossibile farlo se non ci fossero stati gli e-payment, i contacless payment e i mobile payment che hanno stravolto i circuiti tradizionali.
Costi ed efficienza
Pensiamo ancora al settore degli investimenti e del private banking con l’introduzione dei robo-advisor che stanno rivoluzionando l’attività tipica (e fisica) del consulente finanziario, e generando l’evoluzione verso una figura più a 360 gradi come quella del consulente patrimoniale.
Pensiamo, infine, nel campo del lending l’entrata di nuovi competitor, il digital lending e il peer-to-peer lending che stanno generando una netta riduzione dei costi legati ai prestiti e permettono ad un maggior numero di soggetti di accedere ai finanziamenti ai quali prima era precluso l’accesso.
Normativa in ritardo
Fin qui i (tanti) lati positivi, ma non dobbiamo dimenticare che l’avvento di queste nuove tecnologie ha generato problemi significativi sul piano normativo e regolamentare. Da una parte, l’enorme mole di dati che banche, società fintech e istituti finanziari si trovano a gestire e filtrare, richiede un adeguato set normativo volto a salvaguardare i proprietari dei dati stessi in termini di cybersecurity e per l’utilizzo “distorto” di tali dati per campagne di marketing predittivo.
Gli organismi di vigilanza, sia a livello nazionale che internazionale, devono perciò agire attuando una serie di interventi volti a prevenire l’insorgere di possibili rischi e arbitraggi regolamentari senza però scoraggiare l’innovazione finanziaria. Sappiamo tutti che il mercato finanziario è, nonostante tutto, uno dei meno opachi proprio per la forte presenza di normative e regolamenti finalizzati a tutelare i clienti in asimmetria informativa.
Trend emergenti
Ma la domanda successiva è: quante due diligence approfondite sono state fatte su software e algoritmi che gestiscono un trading finanziario algoritmico che rappresenta ormai il 75% (medio) degli scambi quotidiani sui mercati? Perché le regole sono importanti ma la capacità di analizzare i meccanismi di marketing engineering dei software sarebbe strategica.
Ecco perché gli ostacoli generati dagli impatti del fintech sono diversi e non trascurabili, al di là della resistenza generica delle banche più tradizionali. In ogni caso, i possibili scenari evolutivi di guerra o integrazione sono molti, anche se nessuno ha le caratteristiche del trend “killer”. Ecco i più probabili:
- la scomparsa delle banche tradizionali più piccole;
- un periodo di fusioni e acquisizioni da parte di soggetti di grandi dimensioni;
- lo sviluppo di banche più digitali (hybrid/challenger banks) con prodotti/servizi innovativi;
- partnership tra banche e società Fintech (la cosiddetta “Fintegration”) oppure tra banche e grandi multinazionali (i GAFAM che citiamo sempre, ad esempio);
- player di piccole dimensioni che si posizioneranno in segmenti di nicchia con servizi ad alto valore aggiunto e dall’elevato ritorno economico.
Quello che comunque è importante ricordare è che l’innovazione digitale ha introdotto nel nostro sistema tecnologie sia radicali che incrementali ma, soprattutto, ha attivato una deriva complessiva di cambiamento che è ben lontana dall’aver trovato i propri limiti o confini.