Bosisio (Mediolanum): “La partita si gioca sui bisogni dei clienti”

“Non seguiamo più la tradizionale consulenza finanziaria di rendimento, ma offriamo un approccio ampio al cliente, al suo nucleo famigliare e con un focus sull’intero patrimonio in tutte le sue variabili. La partita si gioca sui bisogni dei clienti, per conquistare la loro fiducia, ed essere banca e assicurazione fa la differenza”. Gianluca Bosisio, direttore generale di Banca Mediolanum, nel quale lavora dal 1999, sintetizza così l’approccio seguito dal gruppo della famiglia Doris nel servizio alla clientela più facoltosa. Una divisione, quella di Mediolanum Private Banking avviata nel 2006 e cresciuta rapidamente in questi anni con circa 600 tra private banker e wealth manager in organico.

 

Partendo dall’attualità, avete proprio oggi annunciato di aver chiuso il primo trimestre con l’arrivo di 95 nuovi banker. Come si spiega il rafforzamento dei ranghi in un periodo così difficile e inedito?

 

La pandemia ha accelerato alcune dinamiche già in corso: compressione dei margini, digitalizzazione del servizio, nuovi bisogni da parte della clientela, con implicazioni a livello di settore ma anche ricadute sui singoli professionisti, più propensi a guardarsi in giro. In questo contesto Banca Mediolanum risulta attrattiva, grazie alla stabilità dell’istituto, all’approccio distintivo al cliente e la notorietà del brand. Il fattore poi decisivo è quello di poter contare su una proprietà forte e stabile – la famiglia Doris – molto presente in azienda e con lo sguardo sempre puntato al lungo termine.

 

Proprio la pressione sui margini è tra i motori principali del consolidamento in atto nel mercato, italiano e non. In tanti stanno muovendo le pedine sullo scacchiere, ma Banca Mediolanum non sembra interessata ad acquisizioni.

 

Al di là del modello distintivo e unico di business che non favorisce operazioni di aggregazione, Banca Mediolanum ha soprattutto una forte identità societaria e un patrimonio valoriale che inducono ad una crescita interna, organica.  Questa cultura aziendale si traduce anche in regole, procedure di selezione, filtri etici, programmi formativi molto chiari: per questo preferiamo sviluppare e crescere i nostri professionisti prevalentemente all’interno e accogliamo solo una parte di anche quelli che arrivano dal mondo delle banche o delle reti.

 

Guardate solo ai professionisti già affermati o anche ai giovani?

Anche ai giovani, oggi con un programma a loro dedicato. Da gennaio c’è un percorso di affiancamento tra un wealth manager senior e un neolaurato proveniente dall’università, con curriculum d’eccellenza e grande spirito d’iniziativa. Il consulente junior apprende il mestiere stando vicino al professionista più esperto, aiutandolo nella gestione del portafoglio clienti, affinché il senior possa concentrarsi sulla ricerca di nuovi clienti.

 

E la tecnologia?

 

Nel corso dell’ultimo anno abbiamo assistito ad una crescita impetuosa nella digitalizzazione del servizio. Ad esempio strumenti come le videochiamate, o le riunioni clienti su piattaforme digitali, che fino al 2020 erano solo rare eccezioni, sono ora di uso quotidiano. La tecnologia aiuta l’interazione in remoto, dà efficienza e migliora la qualità del servizio. La differenza, però, la fa sempre l’uomo, il professionista che c’è dietro lo schermo.

 

Quali sono oggi i capisaldi della vostra offerta?

La pandemia non ha mutato le priorità, anzi forse ha confermato la bontà del nostro approccio strategico. Il focus resta sempre sulle esigenze dei clienti, affrontate nell’insieme e mai in ottica di breve periodo ma individuando con loro le priorità, i progetti di vita della famiglia e definendo un set di  soluzioni finanziarie, di risparmio, di finanziamento e protezione per conseguirle. Il professionista che si interfaccia quotidianamente con il cliente è lo snodo cruciale con l’indispensabile conoscenza del cliente e fiducia da parte sua che si acquisisce grazie a relazioni costruite nel tempo.

 

Ma cosa offrite in modo distintivo ai clienti di fascia alta?

 

Prendersi cura di loro in modo ampio, nell’insieme, in modo integrato. Non è più una consulenza finanziaria di solo rendimento. Preferisco parlare di consulenza che abbraccia i bisogni del nucleo famigliare e il suo patrimonio nel complesso. Oggi l’articolazione dei bisogni delle fasce più alte della clientela è tale che per risolverla abbiamo messo in fianco ai nostri wealth e private, tutta una serie di esperti e specialisti con competenze in verticale attivabili quando occorre. Professionisti di credito e di protezione, e poi gli specialist in nicchie sempre più importanti come la pianificazione fiscale, quella successoria, le consulenze nel real estate e in campo artistico. Per gli imprenditori – ne abbiamo davvero tanti nella nostra customer base – c’è anche la nostra investment bank con i servizi di corporate finance. In tutti questi casi, i clienti trovano grande valore nel dialogo a tre con il proprio professionista di fiducia affiancato dallo specialista della questione da affrontare di volta in volta. E poi ci prendiamo cura del cliente anche sul fronte delle sue passioni con eventi di alto profilo, in ambito artistico, sportivo, culturale, appuntamenti che non vediamo l’ora di poter tornare a fare in presenza, insieme ai nostri clienti.

 

Sviluppi, iniziative future, direttrici di sviluppo, lezioni imparate dal periodo di pandemia?

 

Un approccio, se possibile, ancora più spostato sul cliente, i suoi bisogni, e i suoi progetti: un wealth management chiamato “goal based”, un percorso focalizzato e finalizzato a conseguire gli obiettivi del cliente. Primo step, un inventario degli obiettivi: censirli, mapparli tutti e metterli in fila. E poi un continuo monitoring, verifica con lo stesso cliente: le priorità possono cambiare per ragioni esogene, come ad esempio un cambio di regime fiscale, od endogene, ad esempio per variazioni nella composizione famigliare. Un approccio mutuato da gli stati uniti, molto poco diffuso in europa, presente solo a livello di family office. Il tutto sarà sostenuto e potenziato da un programma tecnologico: puntiamo al varo del servizio goal based nei primi mesi del 2022.

 

Il vostro essere banca vi aiuta o vi penalizza nel servizio ai clienti milionari?

Il private banking delle boutique specializzate è un modello a nostro avviso non più richiesto come in passato. La differenza la possiamo fare proprio grazie all’esperienza e alla competenza di essere prima di tutto una banca ed una assicurazione. Ho ritorni di clienti facoltosi e importanti per i quali, alla fine, è stato cruciale il livello e il contenuto di servizio. Mi spiego meglio: una carta di credito aggiuntiva a tempi di record, un finanziamento lampo in valuta per il figlio che studia all’estero, un operatore al telefono che ti guida passo dopo passo a fare un pagamento di un bollettino con lo smartphone, oppure una smart insurance attivata di fatto istantaneamente. Ecco, la soddisfazione del cliente poi passa anche attraverso questi servizi, è qui che si fa la differenza, per il cliente, che sia mass, affluent, o high net worth. Ed è cio, in ultima analisi che ci ha consentito di accrescere il portafoglio medio per banker, che oggi ammonta a 40 milioni di euro, con 40 di loro che sono oltre i 100 milioni. Non solo: Banca Mediolanum eroga il 42% dei mutui delle banche reti, il 78% dei prestiti e il 97% di prodotti assicurativi.

 

 

 

 

 

Dunque, un servizio di consulenza a tutto tondo, che consente anche di contrastare il calo della marginalità che sta interessando il settore del private banking. È così?

Il calo della profittabilità nell’attività di gestione dei risparmi è una tendenza ormai strutturale nell’industria e non legato solo all’emergenza pandemica. Le ragioni sono tante, dalla necessità di effettuare investimenti sempre più importanti in tecnologia ai costi di compliance alla concorrenza crescente.  Anche su questo versante il dna di Banca Mediolanum è di supporto. Siamo una banca nata senza sportelli fisici che comportano un enorme aggravio in termini di strutture e costi fissi. Peraltro ciò non ci esenta da un continuo lavoro di efficientamento, agendo sulla leva operativa. Lo sviluppo della tecnologia e la digitalizzazione massiva aiutano in questa direzione e noi eravamo già molto avanti prima che la pandemia costringesse tutti a fare uno scatto in avanti.

 

 

 

Per concludere, in che direzione sta andando il private banking, cosa vuole aggiungere Gianluca Bosisio?

Ancora di più oggi e in prospettiva, a causa della pandemia, la fiducia del cliente è l’aspetto più importante, la variabile critica per continuare ad avere successo nel settore. Questo vale a maggior ragione oggi, a fronte di una situazione sociale molto diversa rispetto a qualche decennio fa: allungamento della vita media, minore stabilità lavorativa, un welfare pubblico più debole e tassi bassi prolungati, tutto ciò nell’insieme crea nuovi bisogni. Come proteggere il mio patrimonio nel tempo? Come non pesare sui miei figli quando non sarò più autonomo? Come programmare per tempo il passaggio generazionale? Sono alcuni dei quesiti sui quali siamo chiamati a fornire risposte adeguate. Con la pandemia che ha fatto crescere il senso di incertezza. La partita si gioca su tutto ciò. nell’ultima ricerca Doxa abbiamo una percentuale di soddisfazione di customer experience del 97% contro una media dell’89%. Considerato che ci rivolgiamo a una clientela per sua natura esigente, come imprenditori e professionisti, è una soddisfazione doppia. Ma non è una buona ragione per sederci sugli allori: il bello di questa professione è l’impegno quotidiano a migliorarsi, come professionisti e come persone.

 

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