Novum, ricetta ginevrina per i paperoni

Novum Capital Partners è un family office puro ginevrino nato con un obiettivo: dare alle famiglie Uhnwi il meglio del servizio e il massimo grado di fiducia. A costituirlo nel 2018 è stato un italiano, Gabriele Gallotti, con un passato nelle grandi banche d’affari sempre con uno sguardo attento verso il futuro. Dal 2006 al 2018 Gallotti ha lavorato presso JP Morgan a Ginevra fino a diventare managing director, arrivando a costruire e gestire un portafoglio da più di 4 miliardi di dollari, diviso tra una trentina di famiglie. Ha iniziato la sua carriera a 25 anni alla Bsi a Ginevra come portfolio manager e ha una laurea in Bocconi. Oggi Novum gestisce 18 famiglie e conta masse in gestione per 2,3 miliardi di franchi svizzeri.

 

Qual è stato il fattore scatenante che l’ha portata a costituire Novum?

Nel 2018 JP Morgan ha deciso di porre fine alla mia collaborazione. Così ho dovuto scegliere se entrare in un’altra banca o creare la mia struttura. Temevo di tornare a incastrarmi in un’altra grande istituzione dai formati sempre più standardizzati e ho preferito creare una struttura mia, per servire i miei clienti come meglio credevo, nel loro interesse. I clienti, mai come oggi, hanno bisogno di persone di cui fidarsi per prendere decisioni e assumersi la responsabilità per loro.

 

Ha sempre pensato di fondare una società sua?

Era un sogno nel cassetto. Solo che più entri nella comfort zone più diventa difficile fare il salto. Poi è arrivato il momento giusto: a luglio 2018 ho ottenuto la licenza e in tre mesi ho aperto la società. Sono andato a cercare azionisti tra i clienti e le mie conoscenze, persone che credessero in me. Così sono entrati come partner fondatori Klaas Meertens, Cesare D’amico, chiairman del board, Alvise Chiari Gaggia, executive board member. E siamo partiti.

 

Cosa è successo negli anni dal punto di vista della gestione dei clienti?

Con la mia società ho voluto creare un legame e una vicinanza con i clienti che nelle grandi banche non sono così scontati. Oggi, dal punto di vista normativo, i vincoli si sono moltiplicati, per cui il nostro lavoro è cambiato molto, la finanza si è complicata e l’aspetto normativo ha appesantito il tutto. Del resto, reddito fisso e liquidità non forniscono più gli ottimi rendimenti del passato. Si è creato quindi un divario significativo tra la sofisticazione dei prodotti finanziari e la sua comprensione da parte dei clienti, con i quali la comunicazione è diventata più complessa.

 

Ci racconta il suo modello di servizio e i numeri significativi?

Siamo 23 persone, gestiamo il patrimonio di 18 famiglie (perlopiù europee) e 2,3 miliardi di masse. La media dei patrimoni sta crescendo e la maggior parte sono clienti che seguo dal 2006 o da quando ero in Bsi. Il nostro multifamily office è l’insieme di singoli family office. Non vendiamo nulla, offriamo servizi, quelli che non si hanno più all’interno di una banca, ovvero persone capaci di seguirti e di aiutarti a prendere delle decisioni importanti e a districarti nella miriade di offerte delle banche. Dal 2000 a oggi si è passati dal parlare un linguaggio semplice a uno complesso, lo stesso dicasi per la struttura dei prodotti. Un tempo il concetto di fondo di investimento era prematuro, hedge fund, private equity e venture capital erano molto poco diffusi e solo per una ristretta cerchia. Oggi la finanza è diventata complicata e le banche hanno fatto del marketing il loro cavallo di battaglia. Noi siamo un filtro che fa arrivare alla famiglia solo quello che pensiamo sia valido. Abbiamo vari modelli, uno dove noi prendiamo le redini e gestiamo tutto, altri dove lavoriamo insieme al cliente, alle loro banche e ai loro family office. Da noi la personalizzazione dell’offerta è la priorità e il nostro è un modello non scalabile perché tutto quello che costruiamo è legato alle esigenze specifiche di ciascun cliente.

È un mestiere complesso…

Sì, molto. Il contesto è difficile e molto cambiato. C’è molta regulation e le famiglie si muovono in continuazione, cambiano le zone di residenza e i figli moltiplicano le esigenze. A questo si aggiunga la decentralizzazione della finanza e le criptocurrency. Adesso sembra tutto difficile da gestire ma, in realtà, una tecnologia così evoluta non potrà che semplificare il nostro lavoro. Bisogna solo capire con che tempi. Il nostro business si basa sulla capacità di gestire progetti e coordinare il lavoro di esperti in una grande varietà di campi. Richiede una vasta gamma di competenze e la qualità dei servizi offerti dipende in larga misura dai mezzi utilizzati per reclutare persone molto valide. In Novum investiamo molto nel talento. Dobbiamo essere in grado di offrire un ambiente di lavoro piacevole, uno stipendio equo e prospettive di carriera interessanti.

Qual è la vostra struttura commissionale?

Prendiamo una tariffa a monte che copre tutti i servizi che forniamo. In questo modo, i nostri clienti possono vedere che stiamo lavorando sull’intera struttura patrimoniale senza alcun conflitto di interesse. Parlando di numeri, sono 50 punti base per ciascuno dei nostri clienti sul totale delle attività che ci affidano. Un esempio: su un patrimonio di 120 milioni di franchi a noi vanno 150mila franchi ogni tre mesi. Non è una cosa da poco, occorre essere bravi nel servizio! In ogni caso, sul fronte investimento siamo in contatto con tanti asset manager e banker e abbiamo fonti privilegiate.

E per quanto riguarda gli investimenti?

È necessaria una competenza in tutte le classi di attivi. Le persone che lavorano sugli investimenti provengono dal mondo istituzionale. Uno dei nostri esperti, per esempio, viene del venture capital, dopo essere stato nell’investment banking. Guardiamo molto da vicino le opportunità che si presentano nel settore del private market ma siamo anche molto rigorosi nel nostro approccio. Per esempio, abbiamo appena investito per le nostre famiglie in una startup italiana che ha sviluppato processi innovativi per l’accumulo di energia. Abbiamo iniziato a esaminare il dossier a marzo e a giugno i nostri clienti hanno dato il loro consenso a investire. Ma abbiamo posto una condizione: che la società trovasse un investitore forte. La startup ha trovato un fondo specializzato a fine di luglio, che ha convalidato la nostra valutazione, e siamo andati avanti. L’idea era di raccogliere 12 milioni di euro. Con le nostre famiglie, ne abbiamo presi tre.

Come vede lo sviluppo di Novum?

Vogliamo mantenere questo slancio. Ora siamo in attivo, ma stiamo reinvestendo tutti i profitti nel progetto dell’azienda. Entro il 2025, ci aspettiamo di raggiungere 35 famiglie e 4 miliardi di attivi.

Per la crescita, vedo due leve: i nuovi clienti che attireremo nei prossimi anni e i liquidity events. In dieci anni, se la performance è buona, possiamo raggiungere i 6 o 7 miliardi. Ma è chiaro che questa crescita non sarà possibile senza mantenere una qualità di servizio ottimale. È qui che stiamo concentrando tutti i nostri sforzi.

Avete in mente di assumere?

Sì. Siamo in un percorso di crescita.

Quanto pesa la vostra struttura?

Per l’85% il costo è dato dalle persone; a seguire ci informatica e ricerca, poi l’affitto degli spazi e i viaggi.

Un portafoglio per questo tipo di clienti è molto complesso?

La chiave è la semplicità. Se il portafoglio è troppo ingegnerizzato significa che è sbagliato.

La banca perfetta esiste?

No, ma forse JP Morgan è tra le migliori per i clienti Uhnwi. Non sarei arrivato qui se non avessi alle spalle una carriera in JP Morgan, nel bene e nel male.

 

Passioni, carattere?

Cucina, vino, montagna, orto, la mia famiglia. Sono perseverante, non mollo mai. Non ho mai un piano B che è il modo perfetto per distrarre risorse e energie dal piano A. Sono maniaco del controllo e dell’ordine, cocciuto e testardo ma i miei pochi amici non si toccano.

 

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