Banche, Credit Suisse a processo assieme a due cittadini bulgari

La trama di questa storia è intricata e degna di un romanzo criminale. L’inchiesta è durata quasi 15 anni. Alla sbarra da oggi, come riportato dal sito web della Rsi, al Tribunale penale federale svizzero ci sono due cittadini bulgari, accusati di essere i punti di contatto in Svizzera di Evelin Banev, detto “Brendo”, “Igor” o il “nonno”. Un criminale bulgaro di peso che è già stato condannato in Italia, Romania e Bulgaria per un totale di 36 anni di detenzione. Un uomo senza scrupoli che trafficava tonnellate di cocaina dall’America del sud, e, se necessario, ordinava omicidi.

Secondo il Ministero pubblico della Confederazione, l’organizzazione utilizzava la Svizzera per pulire una parte dei proventi criminali. In particolare tramite un ex banchiere di Julius Bär, che dopo aver lasciato l’istituto si è messo a intera disposizione dell’organizzazione criminale e un gestore patrimoniale di Credit Suisse. Solo presso questa banca avrebbe fatto aprire 84 conti e otto cassette di sicurezza. In totale, presso la sede di Zurigo di Credi Suisse, avrebbe riciclato più di 146 milioni di franchi in qiuattro anni, una parte dei quali depositati in contanti da valigie colme di banconote usate e di piccolo taglio.

L’eccezionalità di questo processo sta nel fatto che sul banco degli imputati c’è anche Credit Suisse, rea di non aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire i reati commessi dalla sua dipendente. Per l’accusa, in sostanza, il dispositivo antiriciclaggio “presentava molteplici carenze” ed era caratterizzato da un’assenza di controlli e da un sistema di compliance “inefficiente” e “superficiale”. Credit Suisse ha sempre negato ogni coinvolgimento; in un comunicato stampa pubblicato nel dicembre del 2020 respinge in modo assoluto e si dice convinta dell’innocenza della sua ex impiegata.

La lotta greco-romana e il legame con la Svizzera

In Svizzera il clan non aveva solo conti bancari; ha anche acquistato immobili di lusso in Romandia, nel Canton Ginevra e a Montreux. Uno degli uomini di fiducia del boss abitava a Martigny. Ci era arrivato nel 1993, dopo il cambio di regime in Bulgaria. Dal Vallese contribuiva a tenere i contatti con le banche, ma almeno in un’occasione ha anche reclutato un imprenditore vallesano per un trasporto di denaro dalla Spagna alla Svizzera per conto del boss. Era il febbraio del 2006; l’uomo viene fermato dai doganieri spagnoli con 2,5 milioni di euro in auto. Proprio da quel fermo partì l’inchiesta svizzera che oggi, 15 anni dopo, approda in aula.

Una curiosità: molti protagonisti di questa storia hanno una passione comune, la lotta greco-romana. È un lottatore l’uomo di fiducia del boss, l’imprenditore vallesano e anche l’ex banchiere di Julius Bär che operava da Ginevra. Proprio così, tramite la passione della lotta, si era avvicinato all’organizzazione. E, va da sé, era un lottatore di alto livello Evelin Banev. La lotta greco-romana era uno sport nazionale nella Bulgaria comunista e più in generale nei paesi dell’est; caduto il sistema questi sportivi rimasero senza soldi e trovarono altri mezzi per farne.

Un’organizzazione di stampo internazionale

Quella di Evelin Banev era un’organizzazione criminale perfettamente oliata. Era dotata di due unità operative. Una, composta da narcotrafficanti, corrieri e spacciatori, si preoccupava di importare e smerciare tonnellate di cocaina dal Sudamerica. La coca era diretta soprattutto in Italia, Olanda, Spagna e Germania. L’altra unità operativa si occupava di pulire il denaro che generava il traffico di cocaina. Il Ministero pubblico della Confederazione lo definisce un vero e proprio conglomerato giuridico-economico composto da più di 200 società e cospicui investimenti immobiliari. In Bulgaria (in riva al mar Nero) ma anche in Svizzera.

I membri dell’organizzazione non esitavano a ricorrere alla violenza se necessario. Qualche esempio: il 14 maggio 2005, un ex socio di Banev, titolare di alcuni conti al Credit Suisse, viene freddato con un’arma da fuoco fuori da un ristorante di Sofia; il 10 maggio del 2006 un uomo noto per essere vicino all’organizzazione viene assassinato; il 5 marzo del 2013 la figlia di Banev viene rapita e poi rilasciata, mentre il padre era in detenzione preventiva in attesa di essere giudicato in Italia. Nel settembre del 2021 Evelin Banev viene arrestato a Kiev, in Ucraina. Lo richiedono le autorità italiane, rumene e bulgare. Fonti di stampa dicono però che non può venir estradato perché nel frattempo ha ricevuto la nazionalità ucraina. E l’Ucraina non estrada i suoi cittadini.

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