Prodotti illiquidi, marcia indietro della Consob

di Luca Zitiello

La Consob, con avviso dello scorso 3 febbraio, ha provveduto a revocare le sue precedenti comunicazioni n. 9019104 del 2 marzo 2009 sui prodotti illiquidi e la  n. 0097996 del 22 dicembre 2014 sui cosiddetti prodotti complessi. Si tratta di un’importante azione di semplificazione che va nella direzione dell’effettiva omogeneità della disciplina europea sui servizi di investimento e dell’osservanza del principio di massima armonizzazione che da sempre caratterizza la normativa Mifid.

 

Si torna al vecchio regime

Vengono così rimossi due importanti atti di vigilanza che hanno dettato nell’ordinamento italiano, in due diversi momenti storici, rilevanti interpretazioni delle regole di condotta interne in tema di distribuzione di particolari prodotti che richiedevano più intense tutele a favore degli investitori. Con la comunicazione del 2009 la Commissione si era occupata degli illiquidi, ossia di quegli strumenti che, in ragione della loro natura e struttura, non potevano essere agilmente venduti o disinvestiti dai risparmiatori. Venivano pertanto affermati importanti principi come l’individuazione e la trasparenza del fair value dei titoli e la specificazione dell’holding period come elemento autonomo nell’ambito dell’adeguatezza multivariata. Nel 2014, poi, si era esteso l’obbiettivo delle tutele occupandosi di un sistema più ampio ed articolato di prodotti che si caratterizzano, per natura e struttura, in termini di complessità all’interno dei quali l’illiquidità poteva rappresentare una componente peraltro non necessaria. La comunicazione si era spinta fino a formare una vera propria griglia in cui venivano classificati i prodotti di cui si sconsigliava la distribuzione ai retail (i cosiddetti prodotti black) e quelli per i quali la commercializzazione era subordinata all’osservanza di più severe regole di condotta (i prodotti grey).

 

In linea con l’Ue

A fondamento della revoca dei due provvedimenti di soft law la Consob adduce la recente evoluzione della disciplina europea in materia di prestazione di servizi di investimento e il conseguente rafforzamento dei presidi di investor protection con il risultato del diretto o indiretto assorbimento degli stessi nelle più ampie e articolate regole dettate dal vigente quadro normativo europeo.

 

Le conseguenze attese

Da questo tipo di intervento si ritiene che vadano ritratte due importanti conseguenze.

La prima può essere agilmente riassunta nel fatto che tale abrogazione non può essere intesa come un “libera tutti”. La rimozione delle regole di condotta italiane trova giustificazione nel nuovo apparato normativo europeo, così come rinforzato dalle recente implementazione di Mifid 2, caratterizzato dal processo di product oversight governace, dall’attribuzione di specifici poteri di product intervention alle Autorità di vigilanza volti a rimuovere prodotti particolarmente dannosi ed inefficienti per il mercato, dai nuovi standard del controllo di  adeguatezza, ivi incluso il giudizio di equivalenza, dal rinforzato regime di trasparenza ex ante ed ex post dei costi ed oneri.

 

Aspetti da chiarire

La seconda deve tener conto del fatto che la nuova regolamentazione non si sovrappone perfettamente e puntualmente su tutti gli aspetti coperti in modo estremamente pregnante dai precedenti indirizzi di vigilanza. Basterebbe richiamare sul punto la gestione dei profili riconnessi al controllo sulla concentrazione degli investimenti. Viene pertanto lasciato un maggior spazio di discrezionalità agli intermediari nella concreta applicazione delle regole di condotta e, di converso, risulta aumentata la loro responsabilità nella corretta applicazione delle stesse.  Ma questa prospettiva, che pur richiederà degli adattamenti e comporterà una qualche incertezza applicativa iniziale, meglio si conforma ad un’effettiva massima armonizzazione evitando in radice un rischio di gold plating e di over regulation tutto italiano del tutto incompatibile con i principi di concorrenza e competitività all’interno di un mercato europeo della prestazione dei servizi di investimento.

 

 

 

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