Restyling normativo per le unit linked

di Luca Zitiello

 

Dopo molta attesa, Ivass ha finalmente messo in pubblica consultazione la bozza di riforma della disciplina delle polizze unit e index linked unitamente a un documento di discussione ove si introducono considerazioni prodromiche su futuri interventi in materia di prodotti vita e in cui assumono particolare rilevanza le proposizioni in tema di contenuto e determinazione della garanzia demografica delle polizze di ramo III.

Una revisione necessaria se solo si pensa che la regolamentazione originaria delle polizze unit linked risale al 2002, poi aggiornata nel 2005, e quelle delle index al 2009. Le aspettative da parte degli operatori erano quindi molto alte ma, come vedremo, al momento in ragione del tipo di contenuti proposti non sembrano aver trovato un analogo appagamento.

 

L’ambito di applicazione

Il primo elemento a suscitare perplessità è la definizione dell’ambito di applicazione della nuova disciplina che, per espressa disposizione, vuole estendersi, oltre che alle imprese di assicurazioni italiane e a quelle comunitarie che operano sul nostro territorio in stabile organizzazione, anche a quelle che distribuiscono le polizze in via transfrontaliere e che quindi sono presenti secondo la sola modalità della libera prestazione di servizi. Detta statuizione si pone in contrasto con l’ormai consolidato principio comunitario secondo cui le regole concernenti l’organizzazione, i criteri prudenziali, il funzionamento e la strutturazione dei prodotti sono quelle dello Stato di origine, mentre alle modalità di condotta e alle attività distributive si applicano quelle dello Stato ospitante. Peraltro questa suddivisione aveva trovato finora palese accoglimento nella stessa interpretazione dell’Autorità di controllo che aveva riconosciuto, ad esempio sul delicato tema degli eligible assets in polizza, la competenza del home country control per le polizze comunitarie distribuite in Italia in libera prestazione di servizi e allo stesso modo coerentemente si era espressa la giurisprudenza di primo e secondo grado contrastando il tentativo di dichiarare la nullità di polizze comunitarie che consentivano l’investimento in beni che invece secondo il regolamento italiano sarebbero stati preclusi.

 

Parità di trattamento

La nuova previsione dell’Ivass è motivata dalla finalità di assicurare una parità di trattamento tra assicurazioni italiane ed europee rispetto ai prodotti collocati nel mercato domestico e rafforzata dall’affermazione secondo cui detta previsione sarà inserita nell’elenco delle disposizioni di interesse generale come tali ritenute di applicazione necessaria ai sensi dell’art. 41 del Cap.

Con riguardo alla disciplina degli investimenti ammissibili e ai relativi limiti nelle polizze unit linked l’Ivass ha ritenuto di adottare come architrave di riferimento la disciplina della gestione collettiva e del corrispondente regolamento adottato da Banca d’Italia sia per assicurare un level playing field sia con gli altri operatori di mercato, sia con gli investitori al fine di garantire che un soggetto non possa acquistare attraverso la polizza un prodotto con un profilo di rischio più elevato rispetto a quello di un Oicvm destinato alla clientela retail. Ma tale impostazione, pur astrattamente ragionevole, non arriva a risultati appaganti con riguardo al regime degli investimenti illiquidi ed in particolare alla possibilità di sottoscrivere attraverso i fondi interni Fia riservati. E ciò perché in realtà la polizza non è un Oicvm, ma, a sua volta, un contenitore di gestione di Oicvm. Da ciò discende che la nuova disciplina si porrebbe in modo disallineato e non competitivo rispetto a quella di recente riforma del dm che ora consente la sottoscrivibilità di Fia riservati da parte dei clienti al dettaglio in gestione e consulenza nel rispetto dell’investimento minimo dei 100mila euro.

 

Gestione del rischio demografico

Vi è poi il tema della determinazione del rischio demografico. Nella parte della riforma del regolamento l’approccio è neutro limitandosi a un enforcement delle regole di costruzione del prodotto e di compliance volte a richiedere il rafforzamento del processo interno volto alla valutazione ed alla ponderazione di tale componente. Nel documento di discussione n. 1 si avanzano invece delle ipotesi di carattere quantitativo al fine della possibile determinazione di un requisito minimo che possa mettere al riparo le polizze dalle azioni di riqualificazione del contratto in puro prodotto finanziario sempre più diffuse in sede giudiziaria. Bisogna comunque tener conto che questo sforzo va in direzione diversa rispetto all’indirizzo interpretativo via via assunto dalla Corte di giustizia europea che lungi, dal determinare un limite minimo, riconosce validità ai contratti assicurativi che assicurino il rispetto del principio sinallagmatico tra premio corrisposto dal contraente e prestazione assicurativa garantita dalla compagnia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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